Un esperto analizza il possibile coinvolgimento di altri Paesi: «Ignorati gli sforzi di Biden». L'Iran: «Vendicheremo la sua morte».
BEIRUT / BERNA - L’uccisione per mano israeliana del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah potrebbe esacerbare ulteriormente le tensioni nel Medio Oriente. L’esperto Erich Gysling, interpellato da 20 Minuten, mette in guardia da una possibile escalation.
Rischio escalation - «Stando a quanto accaduto in queste ore - spiega - non è possibile ipotizzare una riduzione della tensione, anzi. Hezbollah continuerà a inviare razzi contro Israele, che dal canto suo risponderà». È possibile un’offensiva di terra in Libano? «Per gli israeliani sarebbe molto rischioso e difficile. Si profila una lunga guerra». A nulla sono serviti i tentativi statunitensi di disinnescare le tensioni. «Netanyahu ha ignorato i tentativi di Biden e fa quello che vuole».
L'Iran: «Vendicheremo l'uccisione» - Nonostante il sostegno al movimento sciita libanese, l’Iran, per ora, si è astenuto dall’intervenire in maniera diretta, anche se la Guida suprema oggi ha affermato che il sangue del capo di Hezbollah «non rimarrà impunito». «Israele sa benissimo che un attacco diretto al paese del Medio Oriente significherebbe gettare le basi per un conflitto esteso. Le tensioni aumenteranno, ma l’Iran, così come la Siria, non saranno coinvolte in uno scontro militare diretto». Nasrallah ha svolto un ruolo fondamentale nel plasmare la milizia e nel trasformarla in ciò che è oggi.Ora, però, Hezbollah deve trovare una nuova leadership e non sarà facile».
Harris: «Aveva le mani sporche di sangue americano» - Di tutto altro tenore la reazione americana, per bocca della vicepresidente (e candidata alla presidenza) Kamala Harris. «Hassan Nasrallah era un terrorista con le mani sporche di sangue americano. Per decenni, la sua leadership di Hezbollah ha destabilizzato il Medio Oriente e ha portato all'uccisione di innumerevoli persone innocenti in Libano, Israele, Siria e in tutto il mondo. Oggi, le vittime di Hezbollah hanno ricevuto una forma di giustizia».
Migliaia di persone in fuga da Beirut - Intanto la situazione a Beirut è caotica con migliaia di persone, inclusi i team di Medici senza frontiere (Msf), costretti ad abbandonare le proprie abitazioni nel cuore della notte senza riuscire a portare nulla con sé.
Alcune persone sono fuggite a piedi e molte sono ancora bloccate in auto, scrive proprio l'Ong. A Beirut la situazione è disperata e i team di Msf stanno lavorando senza sosta fornendo acqua, kit igienici e coperte. Migliaia di persone sono in fuga, oltre 500 scuole sono piene di persone. La gente ha dormito in auto per strada e gli ospedali sono sopraffatti dal numero di feriti.
Finora, le équipes di Msf hanno consegnato nei rifugi per sfollati 400 kit di beni di prima necessità, inclusi kit igienici e materassi. Medici senza frontiere sta anche provvedendo alla fornitura di acqua e offrendo primo soccorso psicologico a chi ne ha bisogno, continuando a valutare i bisogni e a fornire aiuto. Mentre continua la campagna di bombardamenti israeliani sul Libano, Msf ribadisce l'appello alla protezione dei civili e degli operatori sanitari.
La genesi dell'attacco - La decisione di procedere con l'attacco di venerdì sera contro Hassan Nasrallah è stata presa da Benyamin Netanyahu, con il sostegno del ministro della Difesa Gallant, poco prima che il premier israeliano si rivolgesse all'Assemblea Generale Onu a New York e dopo essere stata approvata in linea di principio dal governo giovedì sera. A ricostruirlo è Channel 12 - rilanciato dal Times of Israel - secondo cui gli Stati Uniti si sono sentiti «raggirati» dopo la notizia dell'attacco, perché si erano impegnati con Israele sui dettagli di un cessate il fuoco con Hezbollah.
L'attacco è giunto - sottolinea il canale israeliano - al termine di quelli che sono stati descritti nei circoli della difesa israeliani come «i 10 giorni di attacchi», iniziati con le esplosioni di migliaia di cerca persone di Hezbollah il 17 settembre.
La possibilità di eliminare Nasrallah era «sul tavolo» mercoledì, afferma Channel 12. Quel giorno ci sono state discussioni che hanno coinvolto il capo dello staff, il capo del Mossad, il capo dello Shin Bet e Gallant, e tutti hanno detto che Israele avrebbe dovuto farlo. Ma Netanyahu non ha approvato l'attacco prima di partire per gli Stati Uniti nelle prime ore del mattino di giovedì, dopo che i colloqui si sono protratti fino a notte fonda.
Nel corso della giornata di giovedì, ci sono state ulteriori consultazioni telefoniche tra i capi della sicurezza, Gallant e Netanyahu. In serata, il premier da New York ha convocato il gabinetto e ha ottenuto il consenso formale affinché lui e Gallant approvassero l'attacco.
Channel 12 riferisce che alcuni ministri si sono detti contrari al raid, tra cui il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Cooperazione regionale David Amsalem, preoccupati che l'operazione avrebbe danneggiato le attività in corso dell'Idf a Gaza.
Venerdì mattina, Gallant si è recato al confine settentrionale e ha definito vari dettagli con il capo del comando settentrionale dell'Idf. Nel pomeriggio, il capo di stato maggiore dell'IDF Herzi Halevi ha incontrato Gallant e gli ha detto: «Abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno. Possiamo procedere con l'operazione. Sappiamo che Nasrallah è nel bunker».