Il fondatore di WikiLeaks resta così in detenzione
LONDRA - Julian Assange resta in carcere: il fondatore di WikiLeaks si è visto negare la libertà su cauzione.
La Corte distrettuale di Westminster ha respinto la richiesta dei legali del giornalista australiano, che dal 2019 si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh - dopo aver trascorso sette anni da rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra. C'era anche lui all'udienza, vestito con un abito scuro e con una mascherina chiara sul volto.
Lo ha deciso la giudice distrettuale Vanessa Baraister, la stessa che ha respinto due giorni fa l'istanza di estradizione negli Usa (evocando rischi di suicidio e per la sua salute mentale in caso di detenzione oltreoceano).
L'avvocato difensore Edward Fitzgerald, intervenendo in precedenza a un'udienza ad hoc a cui hanno assistito lo stesso Assange e la sua compagna Stella Morris, aveva sostenuto la richiesta di rilascio sulla base del responso di primo grado di rifiuto dell'estradizione emesso dalla stessa giudice Baraister; e aveva anche evocato almeno un confinamento agli arresti domiciliari per Assange, con la Morris e i loro due figli piccoli, in un'abitazione di Londra.
Ma la giudice ha fatto pesare la violazione della libertà su cauzione concessa nel 2012, quando il cofondatore di WikiLeaks ne approfittò per nascondersi nell'ambasciata dell'Ecuador, da cui poi ottenne inizialmente asilo, avanzando il timore d'una nuova fuga. Mentre si è detta convinta che nel carcere di Belmarsh la sua salute mentale sia nel frattempo garantita da una buona assistenza medica e che i rischi di diffusione di Covid siano tenuti sotto controllo.
I sostenitori di Assange hanno subito contestato la sentenza, che lascia in carcere un uomo che al momento nel Regno Unito non è accusato di nulla e già da 15 mesi non ha più alcuna pendenza residua con la legge britannica. Mentre Fitzgerald ha annunciato appello all'Alta Corte britannica.