Il velivolo fu colpito da un missile iraniano. Nello schianto persero la vita 176 persone
L'inchiesta ufficiale ha stabilito che l'abbattimento, avvenuto l'8 gennaio del 2020, fu causato da un errore umano.
TEHERAN - Dieci funzionari sono stati incriminati in Iran per l'abbattimento del Boeing della Ukraine Airlines che, l'8 gennaio 2020, provocò 176 vittime. La conferma è giunta per voce di Gholam Abbas Torki, procuratore militare uscente della provincia di Teheran, in occasione del passaggio di cariche al suo successore.
E le tempistiche dell'annuncio - l'Iran, lo ricordiamo, siede oggi a Vienna per il via ai colloqui "indiretti" nel quadro dell'accordo sul nucleare del 2015 con il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Russia e la Cina - suggeriscono una certa volontà da parte delle autorità iraniane di spegnere le aspre critiche levatesi dopo la chiusura dell'inchiesta sul disastro. Lo scorso 7 gennaio, alla vigilia del triste anniversario, Teheran concluse che l'abbattimento del Boeing ucraino fu dovuto a «un errore umano». Una persona finì in carcere mentre le altre furono rilasciate su cauzione in attesa del processo. Ma nessuno fu nominato chiaramente quale responsabile del disastro aereo.
E i nomi non sono emersi nemmeno oggi. Torki si è limitato a dire che si tratta di dieci persone «che hanno avuto un ruolo» nell'abbattimento dell'aereo e che «a breve saranno processate», ma senza indicare per il momento una possibile data sul calendario.
L'abbattimento del Boeing
Il volo civile della Ukraine Airlines fu colpito da un missile lanciato dalle Guardie della rivoluzione, i cosiddetti Pasdaran, alle 6.14 locali della mattina dell'8 gennaio del 2020, pochi minuti dopo il decollo. Seguirono tre giorni di ipotesi sulla possibile causa del disastro. Si parlò di un possibile guasto, ipotesi sulla quale anche Kiev inizialmente indagò. Ma fonti informate nel Regno Unito, negli Stati Uniti e pure in Canada evocarono ben presto la possibilità che il volo fosse stato abbattuto da missili iraniani. Solo l'11 gennaio Teheran, con un comunicato ufficiale, confermò che lo schianto del Boeing era effettivamente stato provocato da un missile delle proprie forze armate, ammettendo l'errore.
L'incidente, va ricordato, avvenne in un momento di alta tensione diplomatica tra l'Iran e gli Stati Uniti. Il 31 dicembre 2019, l'ambasciata statunitense a Baghdad fu presa di mira dalle Forze di Mobilitazione Popolare irachene. Washington incolpò l'Iran e il 3 gennaio successivo diede "luce verde" all'uccisione del generale Qasem Soleimani, colpito da un drone americano mentre si transitava attraverso l'aeroporto della capitale dell'Iraq. Nel raid rimase ucciso anche il generale Abu Mahdi al-Muhandis dell'FMP.