La giuria tornerà oggi a riunirsi. Ma una decisione potrebbe non arrivare prima di domani
Ieri le arringhe finali. Il procuratore Schleicher: «Chauvin voleva vincere e Floyd ha pagato con la vita». La difesa chiede l'assoluzione: «Colpevolezza non dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio».
MINNEAPOLIS - Il processo per la morte di George Floyd è giunto alle battute finali. Concluse le arringhe, la giuria si è riunita per deliberare il proprio verdetto: decidere se l'ex agente di polizia Derek Chauvin è o meno colpevole di omicidio. Un verdetto che non solo Minneapolis ma l'intero Paese attende. «Prendetevi il tempo necessario. La vostra decisione deve essere unanime e non dovete lasciarvi influenzare dalle possibili conseguenze», ha detto il giudice Peter Cahill.
La prima giornata di deliberazioni si è però conclusa senza una decisione e i giurati, che trascorrono la notte in hotel, torneranno a riunirsi nelle prossime ore. Ma il loro verdetto potrebbe non arrivare prima di domani.
«Chauvin voleva vincere e Floyd ha pagato con la vita»
Nella sua arringa finale, il procuratore dell'accusa Steve Schleicher ha ricordato la lunga agonia di Floyd. «Nove minuti e 29 secondi» con il ginocchio di Chauvin sul suo collo, durante i quali «ha lottato disperatamente per respirare. Ma la forza era troppa». Il 25 maggio 2020, George Floyd «è morto a faccia in giù sul marciapiede». «Intrappolato, con il pavimento sotto di lui, inflessibile come» chi lo teneva inchiodato al suolo. E per la prima volta, il procuratore ha evocato di fronte alla giuria la condizione mentale dell'ex agente, uno degli elementi che potrebbe essere la chiave per una sua condanna. «Non ha lasciato che i passanti gli dicessero cosa fare. Ha fatto ciò che voleva, come voleva farlo e per tutto il tempo che ha voluto. E non c'è stato niente, niente che gli altri potessero fare, perché lui aveva l'autorità. Aveva il potere. E gli altri agenti e i passanti erano inermi». «Voleva vincere lui e George Floyd ha pagato con la sua vita.»
La difesa chiede l'assoluzione
L'avvocato difensore di Chauvin, Eric Nelson, ha illustrato ai giurati che sulla base delle informazioni che aveva al momento del fermo di George Floyd, l'ex agente si è comportato come avrebbe fatto qualunque altro collega «ragionevole» al suo posto. Inoltre, per Nelson - che ha pure insistito su come l'uso di droghe e le condizioni di salute della vittima abbiano avuto un ruolo nella sua morte - l'accusa «non è riuscita a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio» le proprie affermazioni. E per questo Chauvin «dovrebbe essere ritenuto non colpevole», ha detto Nelson, chiedendo l'assoluzione.
«Floyd è morto perché il cuore di Chauvin era troppo piccolo»
In replica, il procuratore Jerry Blackwell ha insistito sul fatto che «non possono esserci scuse per gli abusi compiuti dalla polizia». La difesa ha parlato di droga (il fentanyl), ha parlato di insufficienza cardiaca e di ritardo nell'arrivo dei soccorsi. «Hanno sostenuto che i paramedici hanno impiegato più tempo del previsto per arrivare sul posto. Sarebbero dovuti essere lì entro tre minuti». Ma, ha proseguito Blackwell, «il buon senso vi dirà che il semplice fatto che abbiano impiegato più tempo di quanto il signor Chauvin abbia pensato non era un motivo sufficiente per usare una forza eccessiva o per restare indifferenti» al fatto che Floyd non avesse più polso. «George Floyd è morto perché il cuore del signor Chauvin era troppo piccolo».