Agli occhi di Mosca l'azione militare non costituisce un'invasione dell'Ucraina. L'Occidente condanna ma resta cauto.
L'occupazione delle aree secessioniste - riconosciute ieri dalla Russia - è uno scenario vantaggioso per il Cremlino. L'Ucraina non ha infatti la forza di evitarla, non controllando la regione da anni.
KIEV / MOSCA - Vladimir Putin ha fatto la sua mossa, inviando nella tarda serata di ieri le truppe nel Donbass dopo aver firmato, in diretta televisiva, il decreto di riconoscimento delle due repubbliche filo-russe nel Donbass. Un'accelerazione brusca e improvvisa, che nell'ottica di Mosca non significa però (non ancora) guerra.
Di fatto, per il Cremlino l'intervento militare che ha preso il via in queste ore non si configura come un'invasione dell'Ucraina. La presenza delle forze militari di Putin si limita infatti a quelle aree riconosciute come indipendenti. Per citare le parole usate da Mosca, si tratta di forze che serviranno a «garantire la pace» nelle repubbliche di Lugansk e Donetsk e quindi la sicurezza della popolazione russofona. Quindi non un'azione direttamente rivolta contro Kiev. Perlomeno agli occhi di Mosca.
Resta ora da capire, come riportano gli analisti, se la scacchiera resterà tale o se il leader russo andrà oltre. Traducendolo sulla cartina: si accontenterà di annettere le due entità filo-russe? Il quadro attuale è sicuramente vantaggioso per Mosca, che avrà già fatto i conti sulle inevitabili sanzioni internazionali che pioveranno sulle rive della Moscova nei prossimi giorni. Nei territori secessionisti la resistenza con cui dovrà fare i conti è minima e le mani di Kiev in quell'area del Paese sono legate da anni. Certo è che le parole pronunciate ieri dal presidente russo - che ha ricordato come l'Ucraina sia una «parte integrante della storia russa» - non possono lasciare del tutto tranquille le autorità dell'ex repubblica sovietica.
Gli spiragli per proseguire i dialoghi sui tavoli diplomatici restano tuttavia aperti. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha confermato al Tass la disponibilità da parte di Mosca di continuare a negoziare, «anche nei momenti più difficili. La nostra posizione rimane la stessa». La prima risposta all'azione russa da parte del cosiddetto Occidente si è manifestata nella forma condanne, per ora solo verbali, a braccetto con l'annuncio delle prime sanzioni. Parole dure ma caute, in attesa di capire se (e come) Putin muoverà altri pezzi sulla scacchiera.