Mentre l'ex presidente russo Dmitry Medvedev torna a minacciare Kiev, la Croce Rossa soccorre i civili rimasti e l'Onu denuncia esecuzioni
BAKHMUT - Dei circa 70mila abitanti a Bakhmut, dopo nove mesi di feroce battaglia, oggi ne restano circa 10 mila, dentro e nei dintorni della città. Quella che prima del conflitto era una cittadina semisconosciuta, è diventata uno dei simboli a segnare il confine tra la disfatta e la vittoria. Per una contesa che a Mosca è costata circa 30mila vittime (militanti della Wagner inclusi) e che da giugno non trova una fine.
«Spinti ai limiti dell'esistenza» - Della disperazione dei 10 mila superstiti civili di Bakhmut, «spinti ai limiti dell'esistenza», parla dal suo profilio Twitter il Comitato internazionale della Croce Rossa: «Stiamo consegnando aiuti e forniture essenziali, ma per quelli che rimangono la situazione è disastrosa». Secondo quanto riferito da Umar Khan del CICR, ripreso dal Guardian, «le case vengono schiacciate dalla potenza di fuoco militare, i tetti vengono strappati via, i condomini sono disseminati di buchi, sotto la costante minaccia di esplosioni». «Alcune persone vivono ancora nei rifugi, cercando di sopravvivere».
«Qualsiasi arma» - In tutto questo, ieri l'ex presidente russo Dmitry Medvedev ha annunciato ai media russi che gli ucraini si starebbero preparando ad una controffensiva - parere peraltro condiviso anche dai vertici della Wagner - e che «il nostro Stato Maggiore sta considerando e preparando soluzioni», minacciando inoltre l'utilizzo - come riporta la stampa britannica - «di qualsiasi arma», nel caso di un attacco alla Crimea.
Quanto invece alle cause del nuovo stallo, in cui sembra essere precipitata l'offensiva russa, tra le altre ci sarebbero quelle relative all'inadeguatezza delle armi, la conflittualità interna in corso tra i vertici militari - basti solo pensare alla competizione tra il patron della Wagner Yevgeny Prigozhin e il ministero della Difesa di Mosca -, e l'utilizzo di soldati mal addestrati e poco motivati. Ma non solo, perché dall'altra parte della barricata a rinvigorire la resilienza ucraina ci sarebbero i massicci invii occidentali di artiglieria, droni e lanciarazzi.
L'Onu accusa Kiev e Mosca - Infine oggi si apprende che l'Onu ha accusato sia le forze ucraine che quelle russe di essere responsabili di decine di crimini, nei confronti di prigionieri di guerra. «Siamo preoccupati per l'esecuzione sommaria di 25 prigionieri di guerra russi e di persone fuori combattimento» e per quella di «15 prigionieri ucraini», ha fatto sapere Matilda Bogner, capo della missione di monitoraggio dei diritti umani, ripresa dall'Ansa. Entrambe le parti sarebbero dunque responsabili di esecuzioni «spesso» effettuate «immediatamente» o «poco dopo» le catture.
Bakhmut, Ukraine: The humanitarian needs of civilians around the frontline keep rising.
— ICRC Ukraine (@ICRC_ua) March 22, 2023
Most people who could leave have already been evacuated.
We are delivering aid and essential supplies, but for those that remain, the situation is dire.
👉 https://t.co/NT5CPKHnAt pic.twitter.com/OJlYy9nZOj