Gli studenti hanno detto basta al governo autoritario della leader Sheikh Hasina, pagando con il sangue la loro scelta di libertà.
DACCA - Le dimissioni della premier Sheikh Hasina, fuggita in India nelle scorse ore, sono state la prima conseguenza concreta della sanguinosa protesta - almeno 300 fin qui i morti - portata avanti, per lo più a mani nude, con bandiere e con bastoni, da migliaia di studenti e oppositori del governo in carica, giudicato troppo autoritario.
In un Bagladesh sì sprofondato nel caos - con quanto ne consegue in fatto di perdita di sicurezza - ma che ora vede, dopo cinque settimane di violenze, un principio di cambiamento, nonostante la preoccupazione della comunità internazionale, in primis dell'India che teme un'invasione di rifugiati, difficile da controllare visti gli oltre quattromila chilometri di confine, dei quali tremila sono "sigillati" con un muro.
Ma nel frattempo, come detto, oltre alle dimissioni della premier, consigliata in questo anche dai vertici dell'esercito, le prime richieste dei giovani della Generazione Z - stanchi dei privilegi governativi accordati ai familiari dei veterani della guerra d'indipendenza dal Pakistan - sono state ascoltate, in almeno tre punti chiave. Primo. Il presidente del Paese oggi ha sciolto il parlamento. Secondo. Ad accettare la provvisoria (per 90 giorni) funzione di capo del governo è stato il premio Nobel per la pace Mohammad Yunus, proposto dai comitati studenteschi. Terzo. Khaleda Zia, leader dell'opposizione in Bangladesh e avversaria della Hasina, è stata liberata, dopo anni (dal 2018) di arresti domiciliari, motivati con accuse di corruzione, da lei respinte.
E in tutto questo, a suggellare il cambiamento in atto, oggi il sindacato di polizia ha chiesto scusa per ciò che è stato barbaramente fatto a «studenti innocenti». Aggiungendo che gli agenti «sono stati costretti ad aprire il fuoco», atrocità che si è ripetuta anche dopo le dimissioni di Hasina. Con la speranza, ora, che il pugno duro del governo lasci finalmente il passo alle riforme sociali contro i privilegi, per arginare - tra le altre - disoccupazione giovanile e inflazione. Con i leader degli studenti che sono stati chiari: non accetteranno un governo militare a colmare l'attuale vuoto di potere.