Roberto Mastromarchi, manager BPS Suisse, riassume i motivi del fallimento di Svb con uno sguardo al sistema bancario svizzero e locale
LUGANO - «Da quel che si comprende questa Banca ha gestito male l’equilibrio fra la scadenza media dei propri attivi e quella dei propri impegni, una regola base di gestione del rischio. Il rialzo significativo dei tassi d'interesse avvenuto negli ultimi 6-12 mesi ha prodotto delle perdite sul portafoglio di titoli obbligazionari superiore al valore dei mezzi propri».
Roberto Mastromarchi, vice Presidente Direzione Generale e Responsabile Divisione Fronte di BPS Suisse, spiega cosa c'è dietro al fallimento della Banca americana delle start-up tecnologiche, la Silicon Valley Bank, aggiungendo che «il ritiro dei depositi da parte dei clienti, avvenuto nelle ultime settimane, ha alterato il profilo di liquidità dell’Istituto, che ha dovuto vendere parte dei titoli contabilizzando perdite significative, senza comunque riuscire a far fronte ai propri impegni a breve termine».
Gli interventi annunciati dalla Fed saranno sufficienti ad arginare l'effetto domino, come quello avvenuto con la crisi Lehman Brothers?
«Le autorità americane hanno reagito rapidamente e con misure piuttosto vigorose, in particolar modo l’assicurazione completa dei depositi, a differenza di quanto accadde nel 2008. Da un lato è positivo osservare che la risposta sia stata pronta e robusta, dall’altro questo può celare ulteriori preoccupazioni perché i sistemi finanziari sono interconnessi. Probabilmente questo avvenimento renderà più prudente la Fed nel rialzare ulteriormente i tassi, dando ulteriore sostegno alle banche locali e – complessivamente – al sistema».
Quali possono essere le conseguenze per le banche svizzere e in particolare per i clienti ticinesi e i loro istituti di credito, c'è un rischio contagio?
«Come detto, i sistemi finanziari sono molto interconnessi. Questo però non significa che le banche svizzere – soprattutto quelle regionali – abbiano esposizioni dirette o indirette a questi avvenimenti che, alla fine, riguardano istituti principalmente attivi negli Stati Uniti e che sembrano legati a doppio filo soprattutto al settore della tecnologia. I livelli di capitalizzazione delle banche svizzere ed europee sono complessivamente robusti, diversamente da quanto si osservò nel corso della crisi del 2008».
Quali invece i possibili contraccolpi?
«Uno degli effetti più facilmente osservabili in queste ore è legato all’evoluzione dei tassi d'interesse nelle principali divise e quindi anche in Franchi Svizzeri: i tassi si sono mossi nervosamente, iniziando a scendere e quindi a scontare una minore propensione delle banche centrali – compresa la BNS – ad alzare in modo aggressivo il costo del denaro».
Tra i risparmiatori ticinesi c'è però una comprensibile preoccupazione.
«Se penso ai clienti locali ritengo che sui prodotti di risparmio tradizionale non vi sia alcun legame con quanto sta avvenendo oltreoceano. Guardo piuttosto a settimana prossima e alle mosse della BNS».