Parla Giacomo Zucco, il più famoso divulgatore in ambito Bitcoin.
«Alla Plan ₿ Summer School sarà possibile formarsi con i migliori, delle vere leggende»
Imprenditore noto per la sua conoscenza di Bitcoin e per la sua riconoscibilità nel quadro della comunità internazionale delle criptovalute, Giacomo Zucco è un ferreo sostenitore della finanza decentralizzata (DeFi) e della promozione dei principi della sovranità finanziaria e della libertà individuale. In qualità di docente esperto tra i protagonisti della seconda edizione della Plan ₿ Summer School - il percorso formativo organizzato dalla Città di Lugano e da Tether, in collaborazione con USI, SUPSI e Franklin University Switzerland - abbiamo avuto il piacere di intervistarlo in vista dell’avvio delle lezioni, che scatterà il prossimo 2 luglio.
Quando ha iniziato ad appassionarsi al mondo delle criptovalute e della blockchain, e perché?
«Nel dicembre 2012, ho sentito nominare per la prima volta Bitcoin nell'ambito del Von Mises Institute statunitense, un sito dedicato alla raccolta e allo studio dei testi dei cosiddetti "economisti di Scuola Austriaca", che frequentavo. La menzione riguardava il ruolo di Bitcoin come possibile sostituto dell'oro.
Una sola settimana dopo, ho sentito nominare nuovamente Bitcoin, ma in quel caso nell'ambito dei forum nati attorno a fenomeni di militanza "contro-culturale" quali Anonymous e Wikileaks: un ambito estremamente diverso dal primo, tanto che mi sentivo di essere l'unica cosa in comune tra i due, oltre a Bitcoin, che era menzionato, in questo caso, nel contesto di donazioni non censurabili e di privacy nei pagamenti. A gennaio 2013, un mio collega in Accenture, dove lavoravo da anni come Technology Consultant, ambito a sua volta diversissimo dai due precedenti, ha citato nuovamente Bitcoin come esempio interessante di nuova tecnologia per i pagamenti.
Il fatto che lo stesso nome spuntasse fuori in tre parti così distanti e distinte della mia vita mi ha intrigato, tanto che per alcuni mesi non ho potuto pensare ad altro. Finché, a maggio 2013, mi sono licenziato da Accenture per dedicare la mia vita professionale unicamente al fenomeno Bitcoin. Termini come "criptovaluta" e "blockchain" sono arrivati molto dopo, culminando nel ciclo di hype del 2017: li ho sempre visti come una "reinterpretazione" di Bitcoin da parte del mondo tradizionale, una sorta di reazione immunitaria per "normalizzarlo" (rispettivamente: come mero strumento speculativo o come trend tecnologico)».
Quali sono le evoluzioni significative della blockchain e delle tecnologie peer-to-peer e a che punto di questo processo ci troviamo attualmente?
«La storia delle tecnologie peer-to-peer è complessa e non lineare: per certi versi hanno preceduto la grande tendenza alla centralizzazione iniziata a metà anni '90. La prima internet era, in tutto e per tutto, un'infrastruttura peer-to-peer, nata per resistere a partizioni e distruzioni di singoli nodi. USENET, l'equivalente iniziale ed embrionale dei moderni "social", era un sistema completamente distribuito, con una certa attenzione alla resistenza alla censura. Anche il concetto di "open source", pur non avendo ancora un nome, era una realtà di fatto.
Tutto è cambiato con l'esplosione commerciale, peraltro avvenuta in un clima politico "rilassato" e molto poco "adversarial", tipicamente post-sovietico. Le masse si sono adagiate sulla convenienza di pochi provider di software proprietario, servito tramite logiche client-server centralizzate. Tutto è andato bene fino a che questa progressiva centralizzazione ha portato a casi sempre più frequenti di censura, esclusione, manipolazione, sorveglianza. Bitcoin fa parte di un più vasto tentativo di invertire la tendenza, di cui fanno parte anche realtà precedenti come BitTorrent, i primi esperimenti di mesh network, la rete Tor e il movimento FLOSS.
La cosiddetta "blockchain" non è che uno dei tanti tasselli che compongono la stack tecnologica di Bitcoin, ma è stato decisivo: senza di esso non era possibile effettuare pagamenti in forma totalmente decentralizzata. Evoluzioni successive, come Lightning Network, in realtà ci spingono a usare sempre meno la "blockchain": il futuro di Bitcoin è, in realtà, in gran parte "off-chain", sia per ragioni di privacy che di scalabilità. Assieme a Bitcoin e in parte da esso ispirati stanno nascendo nuovi progetti nella stessa direzione: la complessa e innovativa stack di Holepunch, per esempio, ma anche esperimenti più limitati come Nostr o il Web 5».
A cosa, dal suo punto di vista, è legata la percezione di scetticismo, se non proprio di timore, che ancora è assai diffusa quando il discorso cade su Bitcoin e valute digitali in genere?
«Lo scetticismo è un atteggiamento fondamentalmente corretto, di fronte a cambiamenti che non si riescono a comprendere a fondo. E comprendere Bitcoin è difficile, perché non basta capirne solo la struttura tecnologica (cosa già fuori dalla portata di chi è meno alfabetizzato sul piano informatico e crittografico), ma occorre anche coglierne gli obiettivi politici e monetari (che peraltro informano in modo imprescindibile le scelte tecnologiche), così come le implicazioni finanziarie e di sicurezza.
Insomma, oltre ad essere un tema nuovo, è un tema molto interdisciplinare. Nel mondo accademico non esistono ancora veri e propri "esperti di Bitcoin": anzi, spesso gli esperti in un solo campo (sicurezza informatica, crittografia applicata, finanza, sistemi distribuiti) tendono a fraintendere totalmente il fenomeno. Dovremo probabilmente iniziare a crearne di orizzontali.
Lo scetticismo è infine anche dettato dal fatto che si tratta di un fenomeno che va a intaccare diversi interessi: il monopolio sulla stampa di moneta e la sorveglianza sui pagamenti internazionali sono due tra i poteri più vasti che si possa immaginare, e Bitcoin li va a sfidare entrambi. In un certo senso è corretto considerarlo rivoluzionario e, quindi, in parte "spaventoso". Ma c'è un altro senso in cui Bitcoin, al contrario, è il ritorno a una realtà più consolidata, classica, tradizionale e "naturale" (almeno per le generazioni più anziane): il ritorno ad un fisiologico contesto di libertà e privacy finanziaria dall'attuale eccesso senza precedenti di sorveglianza e censura, il ritorno ad un'economia basata sul risparmio dall'attuale circolo vizioso di debito e distorsioni.
Bitcoin viene chiamato "moneta virtuale", ma pur essendo completamente digitale è in realtà uno strumento al portatore scarso senza controparti, rappresentando dunque un fenomeno di "de-virtualizzazione" della moneta, in controtendenza rispetto alla moneta fiat, che è davvero sempre più virtuale in ogni senso».
Come possono essere fugati questi timori? Con che tipo di spiegazioni e di esempi “semplici”?
«I timori possono solo essere fugati con lo studio e la comprensione. Non esistono purtroppo scorciatoie sicure, anche perché abbandonare del tutto lo scetticismo verso la novità può spesso portare al problema opposto rispetto alla paura immotivata: la creduloneria senza difese e l'esuberanza immotivata.
Esistono molte metafore "semplici" che possono spiegare alcuni aspetti di Bitcoin, ma non tutti. Bitcoin è per molti versi "come Internet": un protocollo aperto, senza regole e senza frontiere, su cui possono convergere tutti, che ha attraversato una fase di proliferazione di supposte "alternative" proprietarie e chiuse (la cosiddetta "protocol war" degli anni 80) ma si è poi affermato come singolarità unica ed irreplicabile, raggiungendo una stabilità assoluta sugli "strati" più bassi (come il protocollo IP) accoppiata ad un'evoluzione continua degli "strati" più alti (come il protocollo HTTP, ad esempio).
Bitcoin è per altri versi "come l'oro": un asset scarso che non può essere manipolato o prodotto in quantità arbitrarie senza un pesante lavoro di "estrazione mineraria", trasferibile al portatore e verificabile individualmente dal ricevente senza fidarsi di alcuna controparte. Alcuni autori hanno affermato, suggestivamente e poeticamente ma non senza alcuni argomenti interessanti e profondi, che "Bitcoin is Scarcity" o "Bitcoin is Time" o addirittura "Bitcoin is Venice" (titoli, rispettivamente, di due ottimi articoli e di un ottimo libro sull'argomento). Ma di fatto si tratta, ovviamente, di qualcosa di nuovo e diverso, sotto molti aspetti».
Quali pubblicazioni, di siti web o materiali possono essere consultati, per chi volesse iniziare ad approcciarsi all’argomento da zero, senza avere alcuna base?
«Consiglierei di partire dal "perché" più che dal "come", in quanto è difficile capire davvero le scelte tecnologiche di un progetto senza averne chiari in mente gli obiettivi. Introduzioni di tipo economico, politico, storico, o addirittura filosofico, sono a mio parere più indicate rispetto a quelle che approcciano il fenomeno dal lato puramente informatico o crittografico. Gli esempi sopra citati sono consigliatissimi (i primi due sono compresi in altrettanti libri dello stesso autore, conosciuto con lo pseudonimo di "Gigi": "21 Lessons" e "21 Ways" rispettivamente; il terzo titolo è scritto da Allen Farrington). Consigliati anche "The Bitcoin Standard" e "The Fiat Standard", di Saifedean Ammous.
Tutti questi titoli sono tradotti in italiano, ma ci sono anche ottimi libri scritti direttamente da Italiani: "Villaggio Bitcoin" di Valerio dalla Costa, "Domande & risposte su Bitcoin" di David Coen, "Bitcoin: Dalla teoria alla pratica" di Alessio Barnini e Alessandro Aglietti, e molti altri. Ci sono libri "profetici", scritti anni prima che Bitcoin esistesse, come "The Sovereign Individual" o "Denationalization of Money". Da queste introduzioni sul "perché", si può passare alla storia di Bitcoin (per esempio con il libro "The Blocksize War" di Jonathan Bier), e infine al "come", entrando nei dettagli tecnici più raffinati. In quest'ultimo senso uno dei libri migliori è probabilmente "Grokking Bitcoin" di Kalle Rosenbaum. Per entrare davvero nel tecnico, comunque, è necessario prima o poi passare dai libri ai forum, alle mailing list, ai commenti su Github».
Progetti come il Plan ₿, e in particolare i suoi asset che puntano su formazione e divulgazione della conoscenza, possono accelerare il processo di comprensione e quindi di adozione consapevole di queste nuove tecnologie ad un livello diffuso?
«Si, progetti come il Plan ₿ sono a mio parere fondamentali per quella che avete giustamente definito "adozione consapevole". L'aggettivo è la parte più importante! Sono abbastanza convinto che l'adozione di Bitcoin, a meno di tragici fallimenti dell'idea, sia sostanzialmente inevitabile: il mondo della moneta ‘tradizionale’ è come un tossicodipendente che continua ad aumentare le dosi di censura e manipolazione per evitare crisi d'astinenza, è instabile e sempre più inaffidabile. La maggioranza assoluta degli esseri umani su questo pianeta è esclusa da risparmio e commercio su Internet, e colpita da crisi cicliche e iperinflazione.
Anche noi privilegiati del "Primo Mondo" stiamo assistendo ad un crescendo senza precedenti di instabilità finanziaria, riduzioni di privacy, censura politica. La vera questione non è tanto se adottare Bitcoin o meno, ma è arrivare all'appuntamento preparati. Conoscendo gli strumenti più adatti, evitando i più tipici errori, rischi, passi falsi, vicoli ciechi. Consapevoli dei punti di forza ma anche delle tante imperfezioni, criticità e mancanze di questo progetto. Che come tutto nella vita, vive di trade-off e compromessi».
Che cos’altro si potrebbe fare, che non si fa già adesso?
«C'è tantissimo da fare, e siamo ancora in pochi ad avere anche solo una vaga idea da che parte cominciare. I più talentuosi esperti di crittografia applicata, codice open source e sistemi distribuiti possono, forse, ancora per qualche anno, avere qualche speranza contribuire direttamente alle ultime potenziali evoluzioni del protocollo di base, prima che diventi definitivamente "ossificato" come il succitato Internet Protocol.
Gli sviluppatori meno specializzati possono dedicarsi all'evoluzione del "secondo strato" di Bitcoin, il Lightning Network, che è ancora ai suoi albori e vedrà moltissimi cambiamenti anche radicali nei prossimi anni. Quelli ancora più junior possono dedicarsi invece agli strumenti: wallet, interfacce, API, siti, ecc. Chi non sviluppa codice può comunque testare gli strumenti, fornire feedback agli sviluppatori, scrivere o filmare tutorial, guide, recensioni.
Chi non se la sente di fare nemmeno questo può creare imprese che forniscono servizi, per esempio di interfaccia con il mondo fiat (per il momento ancora necessaria), oppure di altro tipo. Chi ha soldi può finanziare direttamente progetti open source non-profit, oppure investire in imprese. Ribadisco infine quanto sia importante la formazione, che nell'iniziativa Plan ₿ è la priorità assoluta».
Sarà tra i protagonisti dell’edizione 2023 della Plan ₿ Summer School: su cosa focalizzerà il suo intervento?
«Avrò diversi interventi. Lunedì 3 Luglio, ad esempio, terrò una lezione chiamata "Bitcoin 101": un'introduzione di base, per mettere le fondamenta di quanto verrà discusso nel resto del corso. Parteciperò poi ad un panel con altri docenti. Il secondo giorno terrò invece la lezione "The layers of Bitcoin", dove parlerò appunto dei diversi "strati" del protocollo, a cui prima accennavo. Il quarto giorno, giovedì 6, mi dividerò con alcuni docenti delle Università del Canton Ticino una lezione sui "modelli di consenso". Ma conto sul fatto che vi sarà molta interazione con gli studenti anche al di fuori delle lezioni, come durante le cene, i pranzi e le numerose attività extra».
Quali sono i punti di forza di questo percorso formativo?
«La presenza di vere e proprie "leggende" del mondo Bitcoin è sicuramente un punto di forza: dal "veterano" che ha inventato negli anni '90 il protocollo hashcash (su cui Bitcoin stesso è basato e da cui si è sostanzialmente evoluto), Adam Back, alla giovane mente tecnica che sta dietro a ben tre importantissime società del settore, Paolo Ardoino, per fare solo due esempi. Si tratta anche di importanti contatti per eventuali coinvolgimenti professionali dei migliori studenti in società leader di mercato (Blockstream, Bitfinex, Tether, Holepunch, Fulgur Ventures, ecc.). La sinergia con le Università locali e l'apertura di queste ultime è certamente molto utile e promettente: come dicevo è raro oggi trovare vera competenza su Bitcoin in ambito accademico, ma d'altro lato è difficile per noi "outsider" reinventare la ruota della formazione senza avere l'esperienza e l'infrastruttura di queste importanti realtà. La location è decisamente di prima scelta: organizzazione svizzera e qualità della vita italiana».