Perché non rilanciare un turismo fatto di persone, di cammini e di lentezza? La mia esperienza
VITERBO - Sono uno di quelli che ama passeggiare (raggiungo facilmente i famosi 10 mila passi), fare delle escursioni, seguire itinerari tematici. “Slow” è interessante perché permette di scoprire il mondo che ci circonda a passo d’uomo e non a centotrenta all’ora. Sono uno di quelli che, anche con una semplice camminata a qualche chilometro da casa, meglio se in compagnia del mio cane Magnum, mette in movimento pensieri, idee, creatività. Il cammino influenza in senso positivo la salute del mio corpo e della mia mente.
Come tutti quanti, vivo con difficoltà e senso di fragilità questo periodo d'isolamento sociale e, soprattutto, di limitata attività motoria legata al coronavirus. Ho sempre preso i miei “sessanta minuti di aria” al giorno e da un po’ di tempo ho smesso di seguire in modo, direi quasi compulsivo, le notizie legate alla pandemia, perché un po’ nauseato dall’impressione d'improvvisazione servita dalla autorità (sicuramente in buona fede, non sarei in grado di fare meglio). Un festino da adolescenti diventa una notizia da prima pagina e nel mondo, a parte il virus, non succede più nulla! Mi informo e mi aggiorno, cercando tuttavia di relativizzare le cose visto che questo periodo sarà ancora, ahimé, lungo. Meglio abituarsi a uno stile di vita diverso, cercando di trasmettere energia positiva verso l’esterno.
Molte cose, penso, non torneranno come prima ed è necessario trasformare il nostro modo di vivere, abituandoci a un nuovo approccio resiliente e responsabile. Molte cose potrebbero comunque cambiare in positivo, come una maggiore attenzione all’ambiente, la qualità dell’aria, un nuovo modo d'immaginare il futuro. Infine il tempo, quello che prima non mi bastava mai per evadere pendenze, organizzare riunioni e l’intenso programma del fine settimana, assumerà un nuovo valore.
È iniziata una fase dove si comincia a riflettere o immaginare nuovi scenari del turismo DopoCovid. Cosa offrire, come ripartire, come reagire, cosa promuovere. Come riavviare un settore importante che oggi vale mondialmente attorno al 10% del prodotto interno lordo. È ancora presto per individuare soluzioni alternative anche se le riflessioni convergono sul fatto che sarà necessario cambiare la prospettiva, sapersi rinnovare e ci sarà un boom del turismo di prossimità e delle località minori. A dimostrazione di questa tesi basta osservare l’andamento turistico dell’estate 2020 in Svizzera. Certo c’è stato l’invito delle autorità a scoprire il proprio paese, vero, ma...
L'Itinerario europeo della Via Francigena, che io percorro dal 2016 con il mio cane San Bernardo (dall’Ospizio a 2'469 m a Roma), rappresenta la sintesi perfetta di quella che potrebbe essere una splendida rinascita del turismo esperienziale, culturale, sostenibile, outdoor. Un turismo delle persone e di qualità. Parliamo di un percorso di migliaia di chilometri che attraversa l’Europa da nord a sud e, ai tempi della Brexit (!), mette in collegamento quattro nazioni molto interessanti: Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia. Nazioni che rappresentano un melting pot di culture straordinarie che ben si sposano con la Via Francigena.
Leggendo sul sito ufficiale della Via Francigena (molto ben strutturato) a oggi questo cammino unisce 16 regioni europee e 615 comuni (35 km in Inghilterra, a seguire una lunga spina dorsale di 1'000 km in Francia 200 km in Svizzera e 1'900 in Italia), molti dei quali sono piccoli borghi o realtà territoriali di dimensioni ridotte ubicate in aree rurali. Lungo il cammino operano inoltre migliaia di piccole e medie imprese, alberghi e agriturismi, guide ambientali ed escursionistiche, addetti ai lavori, associazioni culturali che trovano proprio nella Via Francigena un motivo di crescita. In riferimento allo scorso anno si può calcolare che l’indotto generato solo dai camminatori della Via Francigena è stato superiore ai 20 milioni di euro. È vero che il turismo della Via Francigena (e dei cammini) è un piccolo segmento del mercato turistico generale, ma ha una grandissima potenzialità.
Perché allora non inserirla in tutti i piani strategici di sviluppo territoriale delle regioni e comuni attraversati?
Difficilmente si potrebbe trovare un prodotto migliore di questo itinerario culturale che può coniugare la dimensione transazionale e interregionale, la bellezza con la sostenibilità, la cultura con l’arte, la gastronomia con le terme. E, soprattutto, ha un’anima spirituale e immateriale che la rende unica. Per questo motivo la Via Francigena dovrà cercare di connettersi sempre più a Roma e San Pietro, la sua meta finale. Proprio l’anima della Via Francigena rappresenta un valore aggiunto importante, ancor di più lo sarà al tempo del post coronavirus che sta portando una grande sofferenza interiore alle persone e nelle nostre famiglie: il cammino potrà aiutare anche a dare un prezioso riconforto alle persone e ai nostri bisogni immateriale, diventando la metafora della nostra vita contemporanea.
Proviamo, insieme a istituzioni, operatori culturali e categorie economiche, associazioni a ripensare il turismo con queste coraggiose premesse. L’idea dei cammini tematici potrebbe essere applicato da numerosi altri percorsi, a piedi, in bicicletta oppure, perché no, in auto.
Testo di Claudio Rossetti
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