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DIVERSIQuando sport fa rima con stress: «Spesso ci si dimentica che l’atleta prima di tutto è una persona come un'altra»

29.10.21 - 06:00
Porzia Zara, psicologa dello sport e psicoterapeuta racconta il disagio con il quale molti sportivi devono convivere.
Tio
Quando sport fa rima con stress: «Spesso ci si dimentica che l’atleta prima di tutto è una persona come un'altra»
Porzia Zara, psicologa dello sport e psicoterapeuta racconta il disagio con il quale molti sportivi devono convivere.
«Sensibilizzare atleti, allenatori e familiari nel riconoscere i possibili segnali di allarme è decisivo».
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LUGANO - Indistruttibile. È questa l'immagine che spesso si ha di uno sportivo che gira il mondo a caccia di vittorie, medaglie e record. Ma è solo un'illusione, un'immaginazione appunto. Dietro a questa corazza - che molto spesso risulta fragile e capace di frantumarsi da un momento all'altro - tutti noi ci dimentichiamo che c'è una persona comune e "normale", con i suoi problemi e le sue debolezze e con le sue battaglie da combattere tutti i giorni. «Lo stress è un problema serio e diffuso nello sport e non è da sottovalutare - le parole di Porzia Zara, psicologa dello sport e psicoterapeuta - Gestirlo non è sempre facile, soprattutto nelle competizioni. Alcune recenti ricerche condotte da Frontiers Psychology hanno rilevato che, oltre il 20% degli atleti, soffre o ha sofferto di aspetti depressivi. La percentuale diventa maggiore con l'aumentare dell'età e l'avvicinarsi della fine della carriera sportiva».

C'è poi la gestione del post-exploit, che per taluni si rivela complicato. L'ultimo caso in ordine di tempo? L'elvetica Nina Christen che - dopo aver ottenuto due medaglie a Tokyo - ha dichiarato di soffrire di una depressione post-olimpica. Senza dimenticare altri casi come quelli, solo per citarne alcuni, di Naomi Osaka, Michael Phelps e Simone Biles. «In seguito a una lunga e intensa preparazione, in questo caso per i Giochi Olimpici, gli atleti vivono un importante affaticamento sia fisico che mentale. Dopo uno stress prolungato è basilare riuscire a prendersi il tempo per il recupero delle energie psicofisiche. Una volta raggiunti dei risultati del genere per l'atleta sarà altrettanto importante porsi come nuovo obiettivo quello del mantenimento di questo livello: diventa quindi una sfida con sé stessi, un superamento delle proprie prestazioni».

«Non ho avuto il tempo di elaborare ciò che mi è successo». Recentemente anche Noé Ponti ha raccontato sui social delle difficoltà nel gestire la vita post Tokyo... - «È importante avere il tempo per elaborare il nuovo traguardo raggiunto e il nuovo status sportivo e sociale che questo obiettivo produce. Il tempo di elaborazione - che varia da persona a persona - permette di integrare la nuova immagine di sé a quella precedente, favorendo un maggiore senso di coerenza identitaria. Il nuovo ruolo raggiunto dall'atleta lo porta ad affrontare una nuova fase della sua crescita sportiva e personale. Questo include anche l'essere un personaggio pubblico con uno stravolgimento della quotidianità (interviste, social, presenza agli eventi, ecc.). È delicato in questa fase di elaborazione aggiungere ulteriori nuovi obiettivi da raggiungere, che rappresenterebbero l’aggiunta di un'ulteriore fonte di stress». 

Quando prevenire è meglio che curare - «Credo molto negli aspetti preventivi e nella possibilità di fare un allenamento costante per gestire le sfide e le competizioni, sia sportive che di vita. Sarebbe ideale per un atleta poter usufruire di una preparazione fisico-atletica che vada di pari passo con quella mentale, favorendo una crescita equilibrata tra mente e corpo. So anche però che questo non è sempre fattibile, per una questione di tempo e soldi. Alle volte le richieste di aiuto in tal senso vengono fatte nel momento di urgenza e difficoltà, è importante però ricordarsi che, come in ogni preparazione e allenamento, ci vogliono dei tempi di apprendimento per poter acquisire le consapevolezza e gli strumenti, oltre che dei tempi per rendere questi apprendimenti automatici».

Uno sportivo sì, ma soprattutto una persona... - «Spesso ci si dimentica che l'atleta prima di tutto è una persona con delle caratteristiche, dei sogni, delle potenzialità e delle difficoltà, come lo sono tutti. Non sono solamente risultati e prestazioni. Credo sia proprio l’immagine dell'atleta come persona forte e invincibile che abbia contribuito così tanto a creare quel tabù e quelle paure nel mostrare gli aspetti di fragilità». 

Quali elementi possono mettere in discussione l'equilibrio psichico di un atleta? - «A questa domanda non c'è una risposta universale che possa andare bene per tutti. Le persone sono diverse nella loro unicità e soggettività. Le varie situazioni che portano uno sportivo a richiedere l'aiuto di un professionista possono essere svariate: la diminuzione della concentrazione e attenzione durante la performance, la difficoltà nel gestire l'ansia prima e durante la gara, un calo di motivazione e interesse nella pratica sportiva oppure una sorta di blocco nell'esecuzione di un gesto tecnico o di una prestazione».

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Il senso di vergogna - «In generale penso che ancora oggi ci sia nella società un senso di vergogna nell’andare da uno psicologo - ha continuato Porzia Zara - Tanti si dimenticano che il suo ruolo negli anni è cambiato molto, non è più solo quello che interviene nei momenti di disagio e patologia, ma anche quello che lavora aiutando l'atleta a incrementare e ottimizzare le risorse e gli strumenti che già possiede per fronteggiare i momenti di difficoltà. Le sempre più frequenti testimonianze fatte dagli atleti olimpici riguardo il loro stato di malessere hanno permesso di portare alla luce alcuni tabù riguardo l'importanza di fare un percorso di accompagnamento psicologico».

L'importanza del dialogo - «Sensibilizzare atleti, allenatori e familiari nel riconoscere i possibili segnali di allarme è decisivo, così da poter agire di conseguenza. È necessario fare più educazione e appunto sensibilizzare gli atleti sul tema della salute mentale, in modo da combattere lo stigma che circonda questo argomento e le conseguenze dannose che queste false credenze possono avere sulla salute mentale degli atleti». 

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COMMENTI
 

Coerenza 3 anni fa su tio
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