Tutto lo sport sta facendo i conti con l'emergenza coronavirus. Martedì 17 si riparte a porte chiuse?
Per i giocatori e gli addetti ai lavori non è semplicissimo mantenere il focus sulla data “X”. Stefan Mair, con il suo Turgovia, ha però concluso la stagione: «Credo sia complicato tenere alta la tensione»
WEINFELDEN - Calendari stravolti, eventi cancellati o “rimodellati” con spalti tristemente deserti: anche lo sport è (sempre di più) nella morsa del coronavirus. Attualmente congelata, la post-season di hockey dovrebbe prendere il via martedì prossimo, con lo scenario delle porte chiuse che, a questo punto, sembra il più plausibile. In attesa di nuovi sviluppi e coscienti che tutto può ancora cambiare, per i giocatori e gli addetti ai lavori non è semplicissimo mantenere il focus sulla data X, quella del 17 marzo.
Uscito di scena nei 1/4 dei playoff di Swiss League, il Turgovia di Stefan Mair è tra le poche squadre che non deve fare i conti con questa difficile situazione. Impossibile potersi rallegrare per un ko (serie chiusa sul 4-1 per il Visp), ma in questo caso c'è anche la consapevolezza d'aver "schivato" una situazione davvero seria e complicata da gestire.
«Il contesto generale è grave e difficile da affrontare, forse da un lato per noi doveva andare così… - esordisce Stefan Mair, head coach del Turgovia - Devo essere sincero, non saprei come fare. Non ci sono certezze e ci si pone tante domande. In un gruppo ci sono venti giocatori con venti caratteri diversi: ognuno la vive in maniera differente e c’è chi magari si spegne. Credo sia complicato allenarsi in queste condizioni e tenere alta la tensione, aspettando i playoff. Poi si ricomincerà da zero, sempre che si ricominci».
Insomma il Covid-19 sta mettendo in ginocchio anche lo sport.
«In questo momento non esistono decisione giuste o sbagliate, non sappiamo come evolverà la situazione. La salute viene prima di tutto e bisogna pensare al bene della popolazione. Dal lato prettamente sportivo anche i Mondiali sono a rischio… potrebbero esserci squadre che decidono di non venire. A quel punto che si fa? Sono tutte domande legittime ed è difficile dare giudizi».
Accantonando per un attimo il tema coronavirus e tornando alle questioni “di ghiaccio”, Mair ha appena rinnovato fino al 2022.
«Con il club c’è fiducia reciproca. Quando sono arrivato qui, nel 2016, la squadra era quasi in un baratro. Insieme siamo riusciti a ripartire quasi da zero e, seppur con un budget ridotto, abbiamo costruito qualcosa d'importante. La società si è messa a mia disposizione e ho potuto scegliere lo staff con cui lavorare. Un passo alla volta siamo cresciuti e questa è stata la nostra migliore stagione. Purtroppo nei playoff non siamo riusciti ad andare avanti, ma la serie è stata decisa da episodi. Abbiamo affrontato il Visp, squadra tosta e molto attenta. Il loro portiere è stato più bravo del nostro... nei momenti cruciali hanno avuto anche un pizzico di fortuna. Diciamo che non è girata dalla nostra parte, ma il lavoro della regular season - chiusa al quinto posto - ci ha dato ottime risposte e ne siamo soddisfatti».
A Turgovia Mair ha trovato stabilità.
«Vero. La vita di un allenatore non è delle più tranquille, trovare questo genere di stabilità non è facile. I coach di norma vengono e vanno... si cambiano senza pensarci troppo dopo le prime difficoltà. La stabilità è merce rara e qui sono felice. Inoltre la Swiss League è un po' in un momento di transizione, con squadre che vogliono salire a tutti i costi e farm team che mirano quasi esclusivamente sulla formazione. Noi invece, nel bene e nel male, stiamo andando avanti sulla nostra linea».
Ultime battute sulla Nazionale italiana, di cui Mair in passato è stato head coach. Capitolo chiuso?
«Ad oggi aiuto la Federazione tenendo dei corsi di aggiornamento e facendo delle presentazioni. Per il futuro non si sa, nessuno ha parlato con me. Per come ci siamo lasciati, con le mie dimissioni, forse qualcuno ha anche il dente avvelenato nei miei confronti. Però vado avanti per la mia strada e quando serve sono sempre a disposizione. So da dove vengo e tenevo molto alla Nazionale. Per il futuro nulla è escluso».