Nicola Pini ha analizzato la stagione degli Snakes, esprimendo anche qualche malessere. «Prima o poi perderemo i nostri giovani».
Il 49enne: «Sostenuto adeguatamente, un progetto come quello dei GDT Bellinzona potrebbe fare la fortuna dell'hockey svizzero».
BELLINZONA - I playoff di Swiss League iniziano a entrare nel vivo, ma fra le squadre che si stanno contendendo il campionato non ci sono i GDT Bellinzona Snakes. I ticinesi hanno infatti terminato la stagione lo scorso 31 gennaio, chiudendo all'ultimo posto della classifica con 22 punti conquistati in 45 gare. Malgrado qualche difficoltà iniziale la squadra si è comunque resa protagonista di ottime prestazioni - anche contro le formazioni più blasonate - dimostrando di aver trovato l'equilibrio necessario per competere contro ogni avversario.
A questo proposito si è espresso Nicola Pini - head-coach e ds del club - il quale ha fornito un resoconto stagionale e stilato un'analisi della situazione attuale, lanciando anche qualche frecciatina ai piani alti della Federazione. «Stiamo vivendo un momento molto difficile, per cui vorrei prendere una chiara posizione in merito alla situazione che sta attraversando l'hockey svizzero. In generale i club di National League hanno dei budget molto alti, con la pressione di fare risultati e tanto business, diventando delle aziende dipendenti dall'immagine, che si crea grazie ai risultati e ai tifosi che vanno allo stadio. Per questo motivo, a beneficio dello spettacolo, sono aumentati gli stranieri in pista e automaticamente sono cresciuti anche i salari dei giocatori. Il grande problema legato a questa situazione è che il tempo di ghiaccio dei giovani si è ridotto drasticamente e diminuisce di continuo. Tutte le squadre della massima serie hanno nel proprio roster dei ragazzi molto promettenti, ma sono in pochi a scendere in pista con regolarità e come se non bastasse al loro posto vengono spesso schierati degli stranieri con la licenza elvetica. Oltre a questo alcuni U20 non vedono un futuro in questo sport e smettono addirittura di giocare. Penso che non siano in molti a rendersene conto, ma stiamo facendo un male pazzesco all'hockey svizzero. Se non ci si sveglia a mettere un freno a questa tendenza, prima o poi perderemo i nostri giovani».
Come funziona in Swiss League? «Il campionato è caratterizzato da due tipi di società. Da un lato sei-sette squadre possono beneficiare di un budget alto e puntano a vincere il campionato, con alcune di esse che hanno anche come obiettivo a corto termine la promozione in National League. Dall'altro ci sono invece club come i GDT che vogliono dare spazio e la possibilità ai giovani di crescere. In quest'ottica ci sono anche dei giocatori già affermati che, non trovando ghiaccio nella massima serie, scendono fra i cadetti nelle società che possono garantire dei salari alti. Il livello della Swiss League aumenta quindi costantemente, ma nello stesso tempo diminuisce lo spazio per gli U20».
Ma il vostro progetto sarà ancora centrale? «In questo senso il club assumerà un ruolo ancora più importante. Tutte le grandi società di Swiss League hanno infatti riconosciuto e apprezzato la nostra filosofia - coadiuvata da prestazioni di alto livello al punto che nessuna squadra può pensare di vincere facilmente contro di noi - e ci incitano a proseguire con il progetto. I GDT sono una scommessa e ci siamo promessi di fare tutto il possibile per tenere viva questa realtà. Vogliamo garantire a una parte di talenti nostrani una buona piattaforma per farsi le ossa, che allo stato attuale è di fondamentale importanza. I ragazzi crescono con un sogno e da noi hanno la possibilità di provare a realizzarlo. L'obiettivo è aiutarli a diventare dei professionisti».
Parlaci della squadra... «È composta da 25 giocatori fissi - quotidianamente sottoposti ad allenamenti specifici, in cui si analizzano anche i video - così come da uno staff formato da due allenatori, un preparatore atletico, uno "skill coach" e un allenatore dei portieri. Quest'anno abbiamo schierato un totale di 36 giocatori più 6 portieri, di cui 17 ticinesi, 27 U20 e quattro U23. Tutti si sono allenati in maniera professionale e hanno giocato regolarmente contro avversari molto più esperti di loro. C’è voglia di lavorare e spirito di sacrificio, anche perché questi giovani sono affascinati dall'idea di imitare alcuni loro predecessori che - grazie al lavoro svolto a Bellinzona - hanno trovato spazio in realtà importanti. Fra questi spiccano Fadani a Kloten, Hedlund ad Ambrì, Guignard a Ginevra, così come Patenaude e Bernasconi all'Ajoie e ce ne sono altri che sono stati arruolati da formazioni di Swiss League. Non bisogna nemmeno dimenticare che per essere preso in considerazione dalle nazionali giovanili è necessario giocare in pianta stabile, come successo ai ticinesi dei GDT Aris Häfliger - che ha disputato i Mondiali U20 - e Nathan Borradori, convocato di recente da Marcel Jenni. Per questo motivo sono sicuro che, sostenuto adeguatamente, un progetto come il nostro potrebbe fare la fortuna dell'hockey svizzero».
Le molte sconfitte non pesano nella testa dei giocatori? «Chiaramente le vittorie fanno bene al morale ma ciò che conta sono le buone prestazioni, che permettono lo sviluppo dei giovani. È una filosofia che non dovremo mai perdere di vista e sotto questo aspetto siamo molto fiduciosi per il futuro. Bisogna anche considerare che ci vuole sempre un po' di tempo prima che i nuovi arrivati si abituino al gioco degli adulti. Quest'anno abbiamo potuto beneficiare di un gruppo motivato che ha interpretato al meglio il sistema di gioco, prendendo sempre spunto per migliorarsi a ogni difficoltà. Abbiamo vinto solo sette match su 45, ma in altri 25 abbiamo perso con 1-2 gol di scarto e questo significa che ci siamo spesso arresi per dei dettagli. Ci è mancata un po' di esperienza così come - al contrario delle altre squadre - due stranieri che facessero la differenza. Siamo consapevoli che se li avessimo avuti avremmo potuto vincere più sfide, ma a livello finanziario non è stato possibile metterli sotto contratto».
Cosa riserverà il futuro? «Vogliamo continuare a sviluppare la filosofia di promuovere più giovani possibili che non riescono a trovare uno sbocco in NL. Rispetto alla realtà dei Rockets di Biasca abbiamo perso 750'000 franchi (400 dei diritti televisivi e 350 dal sostegno dei club di NL) che rappresentano circa il 60% del budget. Le difficoltà finanziarie sono anche dovute al mancato riscontro della piazza ticinese che - dal punto di vista delle sponsorizzazioni, del pubblico e anche un po' dei media - sembra non aver capito il lavoro svolto e il privilegio di avere in Ticino una squadra in SL. Portare avanti questa realtà con mezzi finanziari così ridotti è un vero miracolo, raggiungibile grazie agli sponsor attuali, alla grande passione dei GDT e all’impegno di tanti volontari, determinati a promuovere lo sport e la gioventù. Ci piacerebbe venisse apprezzata la bontà del nostro progetto, di modo da poter ricevere maggiore sostegno».