Aston Martin, Mercedes… migliorano tutti tranne la Ferrari
Torna in mente la frase pronunciata da Vigna all’alba della stagione.
BARCELLONA - Qui si rischia l’indigestione di caffè. Ne serviranno delle autocisterne per restare svegli nei quindici gran premi che mancano alla consegna del terzo mondiale di fila a Max Verstappen. Anche in Spagna il dominio di Max è stato assoluto. Ha dominato ogni sessione di prova e ogni giro della gara. Gli statistici raccontano che sta in testa da 153 giri. Due GP di fila (Spagna e Montecarlo) più un pezzo di quello di Miami. La dittatura del Grande Max. Perché se guardate dove sta Perez capite i suoi meriti: la Red Bull è un’arma perfetta nelle sue mani, meno in quella del messicano che è diventato un pasticcione.
Il tunnel di Lærdal in Norvegia è il più lungo del mondo. Così almeno ci informa Wikipedia. La Ferrari non vede la luce in fondo a quello più breve del pianeta, figurarsi in quello scandinavo. Ogni volta che le sembra di fare un passo avanti, ritorna indietro. Nel weekend in cui la Mercedes si è diretta verso la fine della galleria portando per la prima volta sul podio entrambe le vetture, la Rossa non ha avuto conforto dalle evoluzioni proposte in pista. Il venerdì sembravano funzionare, la domenica non hanno nascosto i vecchi problemi della Sf-23, un’auto che in qualifica funziona, ma che in gara è inconsistente come una forma di squacquerone, il formaggio fresco e cremoso tipico della Romagna che è un paradiso per il palato, ma si scioglie quasi nel piatto. Inconsistente, appunto. Ma almeno il formaggio è saporito. Questa Ferrari è rancida, quasi tossica per Leclerc, che dopo la fatica aveva la faccia di uno che vorrebbe scappare su un’isola deserta. «Faccio esattamente le stesse cose con due treni di mescole uguali, ma la monoposto ha un comportamento completamente diverso. E questa è una cosa che non capisco, per ora», la sintesi del suo pensiero è disarmante.
La Ferrari ha portato più aggiornamenti di tutti, ma non sono serviti a cambiare carattere alla sua monoposto. Guardi fuori e vedi i progressi ottenuti dalla Aston Martin in un anno, quelli raggiunti dalla Mercedes nelle ultime due gare. Possibile che solo le evoluzioni studiate a Maranello non funzionino? Deve esserci sotto qualcosa. Un problema di metodologia, un problema di numeri che al simulatore raccontano una cosa diversa da quella che si verifica poi in pista. Più passano le settimane, più torna in mente la frase pronunciata il 14 febbraio, nel giorno della presentazione, da Benedetto Vigna: «È una monoposto che non avrà precedenti in termini di velocità». Qualcuno glielo avrà raccontato. Non può esserselo inventato lui. E quel qualcuno si sarà basato su delle simulazioni. Le radici del problema sono profonde. Non bastava certo cambiare il giardiniere per far rifiorire il roseto.