Il Dottore ha colto la prima affermazione di manche nel Fanatec GT World Challenge al volante della NMW M4 GT del team WRT, a Misano.
Ricordiamo che nella sua carriera il 44enne ha conquistato nove titoli nel motomondiale.
MISANO ADRIATICO - Il successo di Misano Adriatico, il primo in una gara del Fanatec, il secondo della stagione dopo quello di inizio giugno alla Road to Le Mans, ha finito per riproporre la grande domanda che non troverà mai una risposta. Perché, non neghiamolo, quello che poteva nascere negli anni tra il 2004 e il 2006 avrebbe potuto diventare il grande matrimonio che mezza Italia sognava. Valentino Rossi al volante di una Ferrari in Formula 1, in quegli anni in cui il Dottore dominava tra le moto e la Rossa - nelle mani di Michael Schumacher - scriveva pagine indelebili della storia delle quattro ruote, rappresentava qualcosa di estremamente affascinante, l’unione tra due miti capaci di riempire quasi da soli i circuiti di tutto il mondo.
Stava vincendo tutto, in quel momento, Valentino, imbattibile con la regina Honda prima e poi bravissimo a far diventare il brutto anatroccolo Yamaha un cigno meraviglioso. E in un’età in cui molti sogni sono ancora possibili, la suggestione nata dopo quello che avrebbe dovuto semplicemente essere un regalo per i successi motociclistici, quel primo test segreto a Fiorano senza informare nessuno e “travestito” da Schumacher (indossò la sua tuta e casco in barba anche al conflitto degli sponsor) all’indomani della vittoria di Welkom 2004, la sua prima con la M1, per un attimo diventò qualcosa di molto concreto e tangibile. Perché anche in quel primo contatto con una monoposto di Formula 1, Rossi era andato parecchio forte. E il divario dai migliori era andato assottigliandosi a ogni nuova opportunità concessagli dalla Ferrari, con l’allora presidente Luca di Montezemolo che già immaginava l’operazione sportiva e di marketing che avrebbe silenziato tutte le altre. Che Rossi ci credesse nell’imboccare una strada che in passato aveva visto altri grandi della moto avere successo nelle auto, da Tazio Nuvolari a John Surtess, da Mike Hailwood a Johnny Cecotto, e che la Ferrari la pensasse uguale, lo si capì quando al pesarese venne offerta l’occasione di girare a inizio febbraio 2006 nel test collettivo di Valencia. Dove ancora una volta l’allora sette volte iridato non se la cavò per niente male, girando a poco più di un secondo dai migliori, e suscitando persino un po’ di stizza in Schumacher, che da re indiscusso del box Ferrari, non vedeva troppo di buon occhio le mille attenzioni che venivano riversate sul pesarese.
Ma poi, alla fine, del grande sogno non se ne fece nulla. Perché per il suo debutto in F.1, Valentino sarebbe stato parcheggiato a far gavetta in un team satellite, e perché alla fine, dopo averci ragionato un po’ su, Rossi capì che il suo mondo era quello della MotoGP. E che essere il numero uno nella moto era molto meglio del rischio di diventare una comparsa in F.1. Da quel giorno, Rossi ha corso altri 16 anni, ha vinto altri due titoli, perso all’ultima gara il possibile decimo, disputato grandi gare e vissuto delusioni. Ma quella era casa sua, e le è restato fedele fino alla fine. Poi, chiusa quella porta, si è aperta la finestra delle auto, quelle da Gran Turismo. Prima l’Audi, ora la BMW, con la quale Valentino va sempre più forte. Quanto, lo capiremo i prossimi mesi. Concentrati su quello che potrà essere, piuttosto che essere nostalgici su quello che, quando c’è stata l’occasione, non è mai stato.