Ha dato così ragione all'associazione "Anziane per il Clima" che aveva presentato un ricorso contro l'inazione della Confederazione.
BERNA - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha condannato la Svizzera per violazione dei diritti umani in ambito ambientale.
Ha dato così ragione all'associazione "Anziane per il Clima" che aveva presentato un ricorso denunciando quella che considera l'inazione della Confederazione di fronte ai cambiamenti climatici. Il gruppo di donne, nel presentare la denuncia alla corte, aveva lamentato «mancanze da parte delle autorità svizzere» in materia di protezione del clima. Queste avrebbero «gravi ripercussioni sulla loro salute».
Una vittoria storica quella riportata davanti alla Corte di Strasburgo dall'associazione svizzera, e in particolare da quattro sue componenti. L'Ong conta più di 2000 associate, tutte donne che vivono nella Confederazione e la cui età media è di 73 anni. Le quattro ricorrenti sono nate tra il 1931 e il 1942, ma solo tre sono riuscite a gustare la vittoria conseguita oggi: la più anziana è deceduta mentre era ancora in corso la battaglia legale davanti alla Cedu.
A differenza degli altri due ricorsi respinti oggi dalla Corte, quello presentato dalle anziane svizzere era l'unico che avesse già tentato di percorrere le vie legali nel Paese di appartenenza, cioè la Svizzera. Ma senza successo. Nel maggio 2020, il Tribunale federale aveva invece respinto il ricorso presentato dall'associazione. In particolare, aveva stabilito che le donne in là con gli anni non sono più colpite dalle conseguenze del cambiamento climatico rispetto ad altri gruppi di popolazione.
Mai accaduto prima d'ora - È la prima volta che la Cedu, che applica la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, condanna uno Stato per mancanza di iniziative contro il cambiamento del clima, legando la tutela dei diritti umani al rispetto degli obblighi ambientali.
La Cedu ha condannato la Svizzera per aver violato segnatamente l'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto non ha preso sufficienti misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Le reazioni degli ambientalisti: «Confermata l'inadeguatezza della politica climatica svizzera» - Sulla storica decisione è intervenuta anche Anja Gada, attivista per lo "Sciopero del clima", che ha così commentato la storica decisione: «Per la prima volta, un tribunale internazionale ha riconosciuto che la politica climatica svizzera sta attualmente violando i diritti umani più fondamentali», confermando «ciò che il movimento per il clima conosceva da tempo. La politica climatica svizzera è inadeguata rispetto al bilancio globale di CO2 rimanente».
Una sentenza vincolante - Questa sentenza è vincolante e quindi la Svizzera è tenuta a rispettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo che obbliga la Confederazione ad attuare le misure necessarie per il rispetto dei diritti umani, espandendo di conseguenza l'azione a protezione del clima. Jonas Kampuš di Climate Strike Zurich afferma: «Ci aspettiamo che il Consiglio federale e il Parlamento facciano tutto il possibile per raggiungere l'obiettivo globale di limitare l'aumento della temperatura a 1,5° gradi».
Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, al momento non esistono la legislazione e le condizioni quadro necessarie. Questo deve avvenire rapidamente. Noah von Matt di Climate Strike Central Switzerland: «Non possiamo permetterci di passare altri 10 anni a combattere in tribunale finché l'urgenza della crisi climatica non sarà riconosciuta legalmente e non si agirà di conseguenza».
Respinti invece i ricorsi degli ecologisti francesi e portoghesi - Strasburgo ha per contro respinto il ricorso, giudicandolo irricevibile, inoltrato dall'ex sindaco ecologista di Grande-Synthe (Nord della Francia), Damien Carême, che chiedeva di condannare il governo francese per inazione climatica. E contemporaneamente la Cedu è arrivata alla stessa conclusione per il caso dei giovani portoghesi contro il loro stato e altri 31 paesi, tra cui l'Italia.
Per quanto riguarda il caso francese, Carême non è stato riconosciuto come vittima, ha dichiarato la presidente della Cedu, Siofra O'Leary, che ha invece condannato la Confederazione per lo stesso motivo.
Giustizia climatica verrà portata all'Aia - Greenpeace International, che sostiene l'associazione "Anziane per il Clima", intende ora coinvolgere la Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario dell'Onu con sede all'Aia. L'organizzazione ha annunciato che si terranno udienze sulle responsabilità dei governi, compreso quello svizzero, in materia di giustizia climatica.
«I diritti umani sono la base della democrazia. Ci aspettiamo che i responsabili politici di tutte le parti rispettino la sentenza», ha dichiarato, citato in una nota, Georg Klingler di Greenpeace Svizzera. «La lotta per la giustizia climatica non si ferma a Strasburgo», ha avvisato Louise Fournier, avvocata di Greenpeace che ha appoggiato il team legale di "Anziane per il Clima".
Le reazioni
«Attuare la sentenza subito» - Secondo il PS, non agendo contro il riscaldamento globale la Svizzera non rispetta i diritti umani, in particolare quelli delle persone vulnerabili. Il Consiglio federale deve attuare la sentenza il più rapidamente possibile, secondo il PS. «Una soluzione è già pronta», sottolinea l'altro co-presidente del partito, Cédric Wermuth, ricordando l'iniziativa per un fondo per il clima presentata dal PS e dai Verdi.
«Un passo enorme» - Per la neopresidente degli ecologisti, Lisa Mazzone, la sentenza della CEDU rappresenta un biasimo per la Svizzera. Si tratta di una decisione storica, un passo enorme comparabile all'Accordo di Parigi sul clima il cui significato va ben oltre la Svizzera, ha dichiarato nel corso di un incontro con la stampa.
Essa fungerà da istruzioni per l'uso per gli altri Paesi, ha aggiunto la ginevrina. Il verdetto avrà ripercussioni politiche e giuridiche, ha poi evidenziato Mazzone, dicendosi «molto emozionata». «La sentenza è chiara», ha da parte sua affermato ai media la presidente del gruppo parlamentare dei Verdi Aline Trede, che ha elencato le rivendicazioni che ora il suo schieramento porterà avanti. «Chiediamo obiettivi climatici concreti in settori quali l'agricoltura, la finanza e il traffico aereo», ha detto la bernese.
«Servono studi per valutare l'impatto sul clima dei grandi progetti», le ha fatto eco il consigliere nazionale Christophe Clivaz. Secondo l'ecologista vallesano, il partito chiederà un dibattito urgente nel quadro della prossima sessione estiva delle Camere per discutere i contraccolpi della decisione di Strasburgo.
«Non si sta facendo abbastanza per il clima» - Per il consigliere nazionale bernese dei Verdi liberali, Jürg Grossen, questa sentenza non rappresenta una sorpresa. «Sappiamo che non stiamo facendo abbastanza per il clima», ha dichiarato a Keystone-ATS. Tuttavia è giusto che ciò sia stato riconosciuto anche a livello internazionale.
Secondo Grossen, la Svizzera deve essere un modello di comportamento nelle questioni climatiche. La legge sull'elettricità, che sarà sottoposta a votazione il 9 giugno e che mira a promuovere l'espansione delle energie rinnovabili in Svizzera, è centrale in questo senso. La legge sul CO2 è invece l'esempio lampante di come la Svizzera faccia invece troppo poco in termini di protezione del clima.
«Sentenza ridicola» - Di parere opposto il consigliere nazionale UDC Mike Egger (SG) che a Keystone-ATS ha definito «ridicola» la sentenza della CEDU. A suo dire è sempre pericoloso quando i tribunali fanno politica.
La Svizzera ha una buona politica ambientale e investe miliardi di franchi ogni anno, ha spiegato il deputato sangallese. «Abbiamo ridotto in modo significativo le emissioni pro capite di gas serra e tagliato il consumo di petrolio ed elettricità», ha aggiunto accennando ai dati pubblicati dalla Confederazione.
Oltre a ciò, la sentenza di Strasburgo non tiene conto di altri aspetti, come la «massiccia immigrazione» degli ultimi vent'anni. Ciò significa che le misure adottate in Svizzera sono sottostimate. Per questo, secondo Egger non vi è alcun bisogno di fare di più. Il "ministro" dell'ambiente Albert Rösti (UDC) ha già una strategia chiara su come affrontare le questioni ambientali.
«Decisione politica» - Accettando richieste politiche, la CEDU esce dalle sue competenze e mette a repentaglio la propria credibilità, secondo il consigliere nazionale PLR Philippe Nantermod (VS) espressosi su X. A detta del vicepresidente del partito, spetta alle autorità elette democraticamente definire l'agenda politica degli Stati sulle questioni climatiche, non ai giudici.
Sempre su X, il presidente del partito, il consigliere agli Stati Thierry Burkart (AG), ha ricordato la sentenza del Tribunale federale secondo cui per richieste di carattere politico possono essere utilizzate le vie offerte dalla democrazia.
Per il consigliere nazionale del PLR bernese Christian Wasserfallen, la sentenza della CEDU è "completamente incomprensibile". La Corte non capisce la democrazia svizzera, ha affermato a Keystone-ATS, riferendosi alla revisione della legge sul CO2 che è stata respinta alle urne nel 2021. Rendere il Consiglio federale l'unico responsabile di questo "no" è "una presa in giro", ha aggiunto il deputato PLR.
Secondo Wasserfallen non si dovrebbe tuttavia attribuire troppa importanza alla sentenza di Strasburgo che sembra tra l'altro motivata politicamente. Inoltre, la Svizzera dispone da anni di una legge sulla CO2 con misure di protezione del clima che hanno dato buoni risultati.
«Nessun rispetto per la democrazia diretta» - Ancora su X, il consigliere nazionale Nicolo Paganini (Centro/SG), vicepresidente della Commissione dell'ambiente, ha sostenuto che la sentenza della CEDU non rispetta la democrazia diretta. È il popolo, e non il parlamento che ha respinto la Legge sul CO2 nel giugno 2021.
Paganini consiglia all'associazione "Anziane per il Clima" di avviare la raccolta delle firme per un'iniziativa popolare che porti avanti le loro rivendicazioni. In questo modo il popolo potrà pronunciarsi di nuovo sulla politica climatica del Paese.