La clinica psichiatrica di Münsterlingen ha usato i pazienti come cavie per testare medicinali. Per loro un risarcimento di 25.000 franchi.
MÜNSTERLINGEN - Walter Emmisberger ha 68 anni. Vive a Turgovia e da bambino è stato uno dei 3000 pazienti che nella clinica psichiatrica di Münsterlingen (TG), è stato sottoposto, a sua insaputa, a una serie di test farmacologici.
La vicenda della clinica psichiatrica di Münsterlingen è un’altra vergognosa pagina della storia ospedaliera svizzera di cui si è parlato poco e solo in questi giorni è tornata alla ribalta: per circa 40 anni, tra il 1940 e il 1980, i pazienti della struttura sono stati usati come cavie per alcuni test farmacologici condotti dallo psichiatra Roland Kuhn, considerato lo scopritore del primo antidepressivo. E tutto ciò senza che loro sapessero nulla. Mercoledì scorso il cantone di Turgovia ha deciso di risarcire 500 vittime: a seguito di un accordo con il gruppo Novartis - il quale pagherà un contributo di 4 milioni - le autorità cantonali daranno 25.000 franchi a ogni vittima.
Walter Emmisberger è uno di loro. Da bambino, tra il 1967 e il 1969, era stato un paziente della clinica psichiatrica. Era stato messo lì perché ritenuto un “bambino difficile da educare”. Ha saputo di essere stato sottoposto a test farmacologici solo nel 2013. Al portale di 20 Minuten ha raccontato che ha dovuto prendere medicine che non erano nemmeno state approvate. In alcuni giorni gli venivano addirittura somministrate così tante compresse che, secondo la cartella clinica del paziente, vomitava o tremava violentemente. E tutto ciò, nonostante non gli fosse stata diagnosticata alcuna malattia. Ancora oggi ci sono notti in cui urla nel sonno, inizia a sudare improvvisamente oppure ha attacchi di panico.
Dal 2013 Emmisberger si è battuto affinché le autorità facessero i conti con quanto successo a Münsterlingen e ha partecipato attivamente alla mozione "Non c'è più tempo – compensazione finanziaria per le persone colpite dai test antidroga nella clinica psichiatrica", discussa appunto su mercoledì. «Sono rimasto molto sorpreso che sia stata presa una decisione senza nemmeno discutere direttamente con le parti interessate» ha dichiarato al portale.
Non sa ancora cosa farà con i 25.000 franchi. I soldi, per lui, sono più che altro un riconoscimento e un’ammissione di colpa per quanto successo. «Non esiste cifra che possa risarcire per le sofferenze che abbiamo dovuto subire»