Gli organi del ciclista svizzero spirato un anno fa hanno aiutato quattro persone. La sorella: «Non ho mai pensato potesse morire».
ZURIGO - È passato quasi un anno - era il 15 giugno del 2023 - dalla drammatica caduta, avvenuta durante la tappa regina dello scorso Tour de Suisse, che provocò la morte di Gino Mäder. Il giovane ciclista elvetico, amato e apprezzato anche in Ticino dove aveva un suo personale fans club, era caduto rovinosamente affrontando una curva a destra scendendo dal passo dell'Albula ed era spirato il giorno successivo all'ospedale cantonale di Coira.
Il giorno maledetto - A quasi un anno dalla sua morte, il TagesAnzeiger ha sentito la sorella del giovane campione rossocrociato. Con lei ha ripercorso quelle tragiche ore. «Il giorno dell'incidente è ancora impresso nella mia memoria racconta Laura Jörin al quotidiano. «Potrei raccontare minuto per minuto quello che è successo». La 29enne ricorda che una collega insegnante la chiamò per chiederle come stava Gino. «Ho pensato: "Perché me lo chiede?" Solo perché non è arrivato tra i primi dieci?" Lei ha continuato: "Ha fatto una brutta caduta". Ma io pensavo si riferisse a quella leggera di qualche giorno prima. Poi ha cercato su Google e ha scoperto che Gino era stato portato via dalla Rega. E mi si è gelato il sangue».
«Non ho pensato potesse morire nemmeno per un secondo»
"Stabile" - La chiamata successiva arrivò dal padre. «Gino ha avuto una terribile caduta. La situazione non è buona». Poco dopo uscì la notizia che Mäder era caduto con un altro ciclista (Magnus Sheffield, ndr) in una scarpata e aveva dovuto essere rianimato, ma che le sue condizioni erano stabili. «La parola "stabile" - confida la sorella - mi ha rassicurato e forse anche illuso. Non ho pensato che potesse morire nemmeno per un secondo».
«Non passerà la notte» - Ma la realtà, purtroppo, era un'altra. «Poco dopo mio padre mi chiamò per dirmi che Gino aveva avuto un arresto cardiaco. Ma io non volevo sentire. Pensavo solo al referto medico che diceva che fosse stabile». La successiva chiamata del padre, però, mandò in frantumi ogni convinzione. Ogni speranza. «Mi richiamò e mi disse che probabilmente non sarebbe sopravvissuto alla notte. Allora mi recai subito all'ospedale di Coira insieme a mio marito».
«Le macchine facevano un rumore terribile, sembrava un respiro infernale»
«Non sembrava gravemente ferito» - Al suo arrivo nell'unità di terapia intensiva, la 29enne vide il fratello attaccato alle macchine. «Facevano un suono terribile, sembrava un respiro infernale Era terribile, probabilmente non dimenticherò mai quel suono». La madre si sedette al suo capezzale e pianse. Laura si disse: «Ora devi essere forte». Ma in qualche modo l'intera faccenda sembrava strana. «Era strano perché Gino non sembrava gravemente ferito. Aveva due graffi sulla testa e uno sul ginocchio. Ma per il resto? Niente». Tuttavia, i medici hanno parlato subito chiaro con la famiglia. Mäder aveva pochissime possibilità di sopravvivere. «Anche se fosse stato in grado di respirare da solo dopo essere stato risvegliato, non sarebbe più stato in grado di parlare o muoversi».Nessun colpevole - Le autorità hanno indagato a fondo sulla dinamica dell'incidente. Ed è stato possibile escludere qualsiasi influenza esterna nell'incidente. «Siamo stati molto sollevati quando abbiamo saputo che era stato possibile escludere qualsiasi influenza esterna nell'incidente. Gino amava le discese, probabilmente stava andando troppo veloce».
Donatore - Dopo la morte di Gino, la famiglia ha fondato la fondazione #rideforGino. «Come professionista, Gino raccoglieva fondi per progetti ambientali e animalisti». Il ciclista svizzero era anche un donatore di organi. «Con la sua morte Gino ha salvato quattro persone donando loro il cuore, i reni e il fegato. Questo significa molto per noi, anche se non le conosciamo».
«La morte di Gino ha salvato quattro vite»