LUGANO - Una ventina di pescatori ticinesi, di tutte le età, provenienti da tutto il Cantone, appartenenti alle più svariate categorie (moschisti, ‘laghee’, ‘tradizionali’, incalliti dello spinning e tanto altro) e a diverse società, si sono ritrovati la scorsa settimana per discutere della situazione dei nostri fiumi, laghi e laghetti alpini. Una situazione, scrivono in una nota odierna, "per molti divenuta ormai insostenibile".
Dal 1996 al 2011 le catture in termini assoluti sui fiumi ticinesi sono infatti calate indicativamente del 70%, un crollo, spiegano, "dovuto certamente anche al numero ridotto di pescatori e le conseguenti minori ore di pesca, ma, facendo un semplice rapporto matematico tra le ore e le catture, emerge chiaramente che la spiegazione va ben al di là del calo continuo delle patenti staccate (’96: 0.9 pesci/ora, ’11: 0.5 pesci/ora)".
I problemi principali riguarderebbero "il mancato rispetto dei deflussi minimi causato dallo sfruttamento idroelettrico, gli inquinamenti, i cambiamenti climatici e gli interventi dell’uomo". Aspetti sui quali però i pescatori hanno un margine di manovra piuttosto ridotto, che si limita alla denuncia (e alla speranza che qualcosa cambi, e in questo senso da Berna, sui deflussi, qualche segnale incoraggiante sta arrivando, così come le rinaturazioni fluviali recenti sono certamente utili).
Secondo i pescatori riunitisi però anche i regolamenti della pesca sono "più che perfettibili se si intende davvero proteggere la fauna ittica e gli ambienti acquatici nostrani". Un ulteriore problema viene identificato nella troppa “politica” presente ai vertici decisionali: un esempio su tutti il lavoro dell’Ufficio Caccia e pesca, che, spiegano, "quest’anno si è visto cassare dal Dipartimento del Territorio (di cui fa parte ndr) alcune proposte “restrittive” perché non gradite alla federazione ticinese per l’acquicoltura e la pesca (Ftap) e al suo presidente. Insomma, i controllati che decidono come essere controllati".
Per questi motivi, spinti dalla volontà di cambiare, i partecipanti all’incontro hanno voluto “Metterci la faccia”, che è appunto il nome dato alla serata, per dare voce a questa parte sempre maggiore di pescatori. Senza steccati ideologici o tecnici, per migliorare la protezione dei pesci e della natura.
Si è deciso così di avanzare delle proposte, poche e forti, di cambiamento. Alcune immediatamente attuabili, altre più d’indirizzo strategico. Eccole qui:
Fiumi
Si chiede che vengano riprese le proposte dell’Ucp, bocciate su pressione della Ftap: riduzione del numero della catture giornaliere massime da 12 (un numero spropositato unico al mondo) a 6 su tutti i fiumi, e a 3 nei tratti finali di Ticino, Moesa e Maggia, i più sofferenti di tutti.
Un’ulteriore aspetto riguarda la moratoria di guado nel Ticino dal 15 marzo a fine aprile voluta per proteggere il temolo, pesce però decisamente più in salute della trota e che subisce una pressione di pesca ben inferiore. In questo senso non si chiede di abolire la moratoria, quanto piuttosto a Bellinzona di fare chiarezza e di sensibilizzare la popolazione, in particolare con l’installazione dei necessari avvisi in più lingue nelle zone turistiche, visto che il divieto di entrare in acqua riguarda non solo i pescatori, ma tutta la popolazione (cani, canoe, bagnanti, …).
Laghi
Anche in questo caso si chiede di riprendere e applicare la proposta Ucp che prevedeva l’abolizione delle patenti semiprofessionistiche con le reti (P2). Questa categoria, hanno spiegato i pescatori riuniti, fu istituita decenni fa per integrare la dieta delle famiglie povere, ora invece queste patenti sono in mano a persone che hanno un’altra attività professionale, ma che parallelamente guadagnano vendendo grandi quantità di pescato sul mercato. Insomma un hobby molto lucroso che penalizza i pescatori professionisti, quelli dilettanti e la fauna lacustre (maglie
reti, mancato rispetto delle bandite e delle distanze da riva, pesci catturati anche in periodi di divieto perché finiti nelle reti). Contestualmente è immaginabile un aumento di 1-2 unità dei permessi per i professionisti.
Dall’incontro è emersa però anche una seconda proposta: adattare i periodi di pesca delle diverse specie in base all’osservazione biologica annuale e non arbitrariamente perché così “si è sempre fatto”. A causa dei cambiamenti climatici i periodi di frega dei pesci cambiano sempre più, sarebbe quindi opportuno stabilire i divieti in base all’osservazione in loco, operazione per nulla complicata. La comunicazione ai pescatori potrebbe venire fatta tramite il web (e in questo senso i margini di modernizzazione della gestione della pesca ticinese sono enormi) e attraverso comunicati puntuali su giornali e portali d’informazione.
Laghetti alpini
Per quanto riguarda gli specchi d’acqua montani (sopra i 1'200 metri) il problema più grande è identificato nelle strategie di immissioni di pesci: l’attuale sistema, che sovvenziona allevatori privati ed è mal coordinato, oppure affida i centri cantonali come quello di Rodi alle società che a loro volta assumono il personale per la gestione, spinge i diretti interessati, comprensibilmente visto che si tratta di un’attività commerciale, a puntare sui pesci dalla massima resa. Ergo: la trota iridea (e neanche dei migliori ceppi genetici), una specie nordamericana che non si riproduce nei nostri laghetti e che ogni anno viene riversata in quantità industriali nelle acque di montagna. Risultato: indice di sopravvivenza bassissimo, cibo in quantità per i grandi predatori presenti nei laghetti e sperpero di denaro pubblico.
Da qui le due proposte, una immediatamente attuabile, la seconda di indirizzo strategico:
Nei laghi naturali dove la riproduzione di alcune specie funziona (salmerini e canadesi) bloccare le immissioni, eventualmente introdurre solo pesci di queste due specie.
Puntare, come già avviene nel Canton Grigioni e nel Canton Berna, su una gestione cantonale della piscicoltura, possibilmente con un unico centro In questo modo, tolto di mezzo l’aspetto lucrativo, ci sarebbe spazio per l’allevamento di qualità e per delle immissioni basate maggiormente su criteri scientifici.
Infine gli appassionati pescatori hanno posto l’accento anche su altri tre aspetti ritenuti importanti: "la mancanza di controlli, le sanzioni irrisorie e l’informatizzazione del sistema. I primi due sono strettamente connessi e i presenti, consci di non poter proporre un aumento degli effettivi nei guardiapesca viste le difficoltà economiche del Cantone e le altre priorità di spesa, vorrebbero un inasprimento serio delle sanzioni, sia per i pescatori che violano i regolamenti sia per coloro che si rendono colpevoli di inquinamenti".
Per quanto riguarda la modernizzazione, è stato spiegato, "sarebbe forse utile capire i costi legati alle migliaia di patenti, anche turistiche, stampate ogni anno (per chi non lo sapesse la patente è un libricino di una sessantina di pagine, con copertina colorata ndr). Il potenziale di risparmio introducendo un sistema informatico che permetta ai pescatori di acquistare e stamparsi la patente online, secondo i presenti, è enorme e potrebbe anche favorire il turismo legato alla pesca, come già avviene in molti paesi di mezzo mondo".
I partecipanti si sono detti contenti dell’esito di questo primo incontro, e la speranza è "che possa dare una scossa al mondo della pesca nostrano, ma resta la consapevolezza che questo non basterà".