Da uno scambio di note interne emerge lo scetticismo del rettore dell'USI per la "via" imboccata dalla SUPSI
Ma il direttore generale Gervasoni difende la scelta: «La strategia di controlli a campione che intendiamo implementare è già stata adottata anche in altri Cantoni svizzeri». In particolare cita l'esempio basilese.
LUGANO - Ormai è chiaro non esiste una sola “ricetta” per tornare nelle aule universitarie. Eppure sta creando dibattito tra allievi e docenti la diversa strategia adottata da USI e SUPSI. Questa, si fa per dire, la "vexata quaestio"...
Tornano dunque le lezioni all’Università della Svizzera italiana, ma ripartono con la «regola dei due terzi» di occupazione delle aule, fatta propria dal rettore Boas Erez. Ma riparte anche l’attività di studio e ricerca alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, nelle cui sedi dal 20 settembre l’accesso soggiace invece all’obbligo del Certificato Covid. La SUPSI, ha spiegato in una comunicazione interna ai colleghi lo stesso direttore generale Franco Gervasoni, procederà «già a partire dalla prossima settimana con controlli regolari a campione, svolti dal personale adeguatamente formata nel rispetto della protezione della privacy».
Due atenei, due metodi. Ed è sulla difficoltà dei controlli che fa leva invece il rettore Boas Erez, che a sua volta per iscritto a tutti «i membri della comunità dell’Usi», difende la scelta dell’Usi di non aver scelto la via del Certificato Covid obbligatorio e dei conseguenti controlli. «Bisogna sottolineare che le università che avevano scelto questa via avevano in programma di effettuare i controlli a campione. Ora, l’Ufficio federale della salute pubblica (Ufsp) ha indicato ieri che (la mail del rettore dell’USI è stata inviata venerdì 17 settembre alle 12.05, ndr) questo non è compatibile con l’Ordinanza e che i controlli devono essere effettuati sistematicamente (“lückenlos”). È chiaro che i controlli sistematici sono difficili e onerosi da effettuare e a oggi non è chiaro come le nostre consorelle intendono procedere». A scanso d’equivoci, Erez sottolinea che «la scelta della regola dei due terzi non significa che non sosteniamo la campagna di vaccinazione, anzi». L’USI, annuncia il rettore, si sta infatti organizzando per aver delle unità vaccinali sui campus, a disposizione e senza appuntamento.
Fin qui i dubbi di Erez sulla fattibilità, e soprattutto la compatibilità con l’Ordinanza federale, di verificare a campione i Certificati Covid. Dubbi su cui lo stesso direttore generale della SUPSI prende posizione con Tio/20Minuti.
Ai collaboratori la direzione ha chiesto un'autodichiarazione e procederà, dalla prossima settima, «con controlli regolari a campione». Questa modalità è compatibile con i controlli sistematici che, ricordano all'Usi, sono richiesti dall'Ufsp?
«L’impossibilità di svolgere le proprie lezioni occupando solo i 2/3 delle aule, e la contemporanea volontà di riprendere la formazione di qualità in presenza hanno portato la Direzione della SUPSI a decidere l’introduzione dell’obbligo del certificato COVID. Quale misura di sicurezza complementare - prosegue Gervasoni - abbiamo deciso anche di mantenere per ora l’obbligo del porto della mascherina negli spazi interni, misura che abbiamo imparato a conoscere come elemento protettivo particolarmente efficace alla limitazione della diffusione del Covid. La strategia di controlli a campione che intendiamo implementare è già stata adottata anche in altri Cantoni svizzeri. In particolare l’Università di Basilea, cantone in cui si è considerata adeguata l’interpretazione dell’ordinanza federale di attuare controlli a campione del certificato Covid laddove vi è l’obbligo di porto della mascherina. I controlli all’interno della comunità accademica sono già iniziati ieri. Siamo costantemente in contatto con la competente autorità cantonale allo scopo di affinare il dispositivo di controlli e renderlo il più performante e sostenibile possibile, ritenuta la specificità del contesto universitario».
Dal 20 settembre vale per tutti i collaboratori SUPSI l'obbligo del Certificato Covid per accedere alle sedi. La richiesta non vale per gli studenti che seguono la Formazione continua per classi fino a 30 partecipanti (e occupazione massima dei due terzi della capienza delle aule). Qual è il primissimo bilancio da parte di SUPSI?
«Trarre bilanci a poco più di un giorno dall’introduzione dell’obbligo di certificato è prematuro. Tuttavia molte sono state le testimonianze interne positive, che hanno apprezzato il fatto di lavorare e studiare in spazi in cui vi è un minor rischio di diffusione dei contagi ritenuto l’obbligo di disporre di un certificato valido e il contemporaneo obbligo di portare la mascherina negli spazi interni. Eravamo e siamo tutt’oggi consapevoli dei disagi che ciò possa comportare, tuttavia per permettere un insegnamento di qualità in presenza e contribuire alla tutela della salute di collaboratori e studenti siamo convinti unitamente alla maggioranza delle altre istituzioni universitarie svizzere, di aver effettuato la scelta necessaria e opportuna come raccomandato da Swissuniversities».