Nasce il Registro dei Veicoli Immatricolati all’Estero. Chi non si iscrive, rischia il sequestro del veicolo.
Il provvedimento è stato voluto dall’Italia per allinearsi all’UE. E concerne diverse persone che lavorano in Ticino. Il problema è che le direttive sono molto confuse.
CHIASSO - Dipendenti frontalieri che si portano l'auto della ditta a casa. Accade in centinaia di casi. E se finora i residenti in Italia che si muovevano oltre confine con un'auto aziendale targata svizzera dovevano chiedere un’autorizzazione alla dogana, ora la musica cambia. C'è da iscriversi a un nuovo registro, il REVE. Ma in pochi sembrano avere le idee in chiaro. «Anche a noi – conferma Luca Pignanelli, direttore dell’Ufficio delle Dogane di Como – arrivano diverse segnalazioni da parte di persone che vogliono chiarimenti».
Lotta ai furbi – Il REVE, che sta per Registro dei Veicoli Immatricolati all’Estero, è stato ufficialmente varato il 21 marzo. E il problema è che il sito dell’Automobile Club Italia, su cui dovrebbero trovarsi tutti i dettagli del cambiamento, presenta un testo in burocratese. Pignanelli, interpellato da Tio/20Minuti, cerca di chiarire: «Sono due gli aspetti principali da considerare: avere la residenza in Italia e circolare con un’auto con targa svizzera. Se una persona residente in Italia viaggia su una macchina aziendale con targhe svizzere perché ha un lavoro in Svizzera, allora deve annunciarsi alle dogane e iscriversi al REVE. Ci sono però alcuni utilizzatori poco scrupolosi che non hanno alcun legame lavorativo con la Svizzera. Semplicemente hanno un’auto con targhe svizzere per vantaggi economici legati al leasing e per non dichiarare i dazi e l’IVA in dogana. Queste situazioni andrebbero evitate e saranno comunque oggetto di monitoraggio».
Una differenza fondamentale – Mentre in Svizzera esiste il concetto di targa trasferibile, in Italia ogni singolo veicolo è legato a una specifica targa che viene concessa al momento dell'immatricolazione. Di conseguenza in Italia avere un'auto significa "possedere" un bene. Ecco perché c'è la tassa di possesso, il cosiddetto “bollo”. Il residente in Italia non può importare un'auto non sua. Dovrebbe pagare l'IVA. E nel caso di un’auto aziendale, per evitare di pagarla, serve un'autorizzazione della dogana che certifichi che quello è un veicolo utilizzato per il tragitto casa-lavoro o per l’uso professionale previsto dal contratto di lavoro.
La residenza in Italia è la caratteristica chiave – Pignanelli evidenzia come la nuova direttiva non voglia andare a punire chi si comporta in buona fede. Anzi. «In sostanza l'Italia si adegua alle normative europee. In Ticino lavorano oltre 70.000 frontalieri e molti hanno l’auto della ditta. Questa novità riguarda tanta gente. Il fatto di essere residenti in Italia è il requisito chiave. La persona residente all’estero non è coinvolta in alcun modo in queste procedure».
Fase di assestamento – Ma perché si era arrivati a questo punto? Per capirlo bisogna risalire all'epoca tra gli anni '70 e '80, quando in Italia proliferavano le importazioni parallele illegali. Una forma di contrabbando che consentiva ad alcuni furbi di importare in Italia vetture senza pagare l'IVA per poi rivenderle a prezzi più bassi. «Dichiarare il veicolo in dogana e iscriversi al REVE – conclude Pignanelli – sono due adempimenti obbligatori. Il primo evita che ci siano residenti in Italia che guidino veicoli in posizione di contrabbando. In quel caso scatterebbe il sequestro della vettura, con una sanzione. L’iscrizione al REVE fa sì che siano registrati i veicoli con targa estera condotti da persone residenti in Italia. Ora siamo ancora in una fase di assestamento, ma le procedure ben presto dovrebbero essere più chiare per tutti e portare i loro benefici».