L'attivista (che lavora in Ticino) manifesterà fino alla fine dell'inverno per la liberazione del fondatore di Wikileaks
COMO - Quattro strisce di nastro adesivo ricreano un perimetro di tre metri per due sulla pavimentazione in porfido di Piazza Verdi a Como, appena alle spalle del Duomo e di fronte al Teatro Sociale. Le ha posate una ragazza che, una volta completati i preparativi, si scioglie i capelli neri e lucenti, che il vento insolitamente caldo del pomeriggio le scompiglia, e indossa una tuta arancione, che le sta larghissima. «Una L, l’unica che avevano, mia mamma mi ha aiutato a ridurla un po’». In questo modo Lorena Corrias si trasforma, anche se per sole due ore, nel simulacro di un recluso delle prigioni “speciali”, come Guantanamo. Mentre quella manciata di metri quadri è esattamente lo spazio a disposizione, da oltre 1200 giorni, di Julian Assange nel penitenziario di Belmarsh, che non a caso è stato ribattezzato la "Guantanamo britannica".
La 37enne impiegata in una concessionaria di auto del Sopraceneri manifesta ogni sabato da un paio di settimane (e lo farà, dopo una breve pausa, per tutto l’autunno e l’inverno) per la liberazione del fondatore di Wikileaks. «Sono qui perché non ci sto che un giornalista, che per me è un eroe, sia in carcere e rischi una condanna a 175 anni solo perché ha fatto il suo mestiere di reporter, rivelando dei crimini atroci commessi dal governo americano in Afghanistan e Iraq».
C’è chi l’ha criticata per il suo attivismo, soprattutto sui social. «Il Comune di Como mi ha dato l’autorizzazione per l’occupazione del suolo pubblico» spiega Corrias, dal fisico minuto e lo sguardo dolce, ma dalla volontà di ferro. «C’è un 50% di persone che mi spalleggia e mi sostiene, mentre l’altra metà si lamenta perfino che il Comune mi abbia concesso lo spazio, come se questa piazza non fosse abbastanza grande per tutti. Qualcuno mi ha scritto: “Rinchiudetela!”» dice scuotendo la testa. Nel corso del sit-in, invece, le persone che si avvicinano s’interessano alle ragioni della sua lotta, prendono opuscoli e firmano la petizione che chiede che Assange torni a essere un uomo libero.
Lo spunto per questo genere di dimostrazione, spiega Lorena, arriva da una ragazza di Berlino che ha deciso di mostrare a tutti in quale spazio ridotto sia costretto a vivere Assange. «L’ho trovata un’idea molto potente». Lei non si è limitata a copiare il format: si è messa in contatto con l’attivista tedesca e ora entrambe, con l’ausilio di altre persone con gli stessi ideali, stanno creando una rete planetaria di mobilitazione a favore di Assange che si estende fino ad Auckland, in Nuova Zelanda, e tocca anche la Svizzera grazie a un giovane di nome Matthias.
Tra i suoi sostenitori, spiega, c’è anche il suo datore di lavoro. Mentre quello che i critici non capiscono, spiega Lorena, è che «da come verrà gestita questa situazione dipende il nostro futuro, il futuro del mondo». In questo impegno settimanale non è sola: l’assistono la madre e un’amica, che si occupa anche di divulgare il messaggio sui social e di attirare l’attenzione dei media.
Lorena, così come altri membri Free Assange Italia («Un gruppo di attivisti fantastici, che mi sta insegnando tantissimo», spiega), sarà in prima fila alla manifestazione indetta per l’8 ottobre a Londra: migliaia di persone circonderanno il Parlamento britannico, invocando la fine dell’incubo che Assange sta vivendo da oltre un decennio. «Io e il mio gruppo non ci fermeremo finché non potrà camminare da uomo libero».
Assange e l'estradizione negli Usa
Lo scorso mese di giugno la ministra dell'Interno britannica Priti Patel ha autorizzato l'estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti per rispondere delle accuse ai sensi dell'Espionage Act, legge risalente alla Prima guerra mondiale che punisce in maniera analoga chi divulga informazioni e documenti segreti per informare l'opinione pubblica (quindi un whistleblower) che per favorire una potenza straniera o nemica (una spia). «Se l’estradizione andrà avanti, Assange correrà il grande rischio di essere posto in isolamento prolungato, in violazione del divieto di maltrattamenti e torture. Le assicurazioni diplomatiche fornite dagli Usa, secondo le quali Assange non sarà tenuto in isolamento, non possono essere prese sul serio dati i precedenti» ha denunciato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.