Stesse richieste di pena per i tre giovani imputati. Ma secondo la difesa il lavoro svolto dal procuratore pubblico è stato «imbarazzante».
LUGANO - Si è riaperto oggi, a sette mesi di distanza dalla prima parte del dibattimento, il processo sul presunto abuso di gruppo avvenuto a luglio 2019 a margine di una festa calcistica tenutasi nel Luganese. Sono quindi tornati in aula, alle Assise criminali di Lugano, i tre imputati: due di loro sono accusati di aver abusato sessualmente di una giovane che quella sera sarebbe stata pesantemente ubriaca, mentre il terzo è accusato di aver fatto da palo.
La sentenza, che era attesa per il 16 marzo scorso, non era stata data perché «i fatti, come descritti, successi e narrati», non erano per la Corte «sufficientemente chiariti», anche alla luce «delle importanti contestazioni delle difese», aveva spiegato in aula il giudice Siro Quadri. Questo aveva indotto la Corte «a ritenere possibile effettuare ulteriori accertamenti» e il dibattimento era stato sospeso. Fino ad oggi.
Eppure le richieste di pena sono le stesse: il procuratore pubblico Zaccaria Akbas chiede, come a marzo, tre anni di detenzione, di cui un anno e sei mesi da scontare, per il primo imputato, due anni e quattro mesi, di cui sei mesi da espiare, per il secondo e un anno e otto mesi sospesi per il terzo, il palo. La difesa, dal canto suo, ha chiesto nuovamente l'assoluzione di tutti e tre gli imputati. La sentenza è attesa per venerdì alle 15.
Due nuove ipotesi di reato - Quel che è cambiato, rispetto a sette mesi fa, è l'ipotesi accusatoria: «La fattispecie è stata divisa in due parti», ha spiegato il procuratore pubblico Zaccaria Akbas. «Nella prima parte erano presenti tutti e tre gli imputati, e per tutti viene confermata l'accusa di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. Nella seconda parte, invece, è rimasto solo il 31enne, l'unico che prima di quella sera conosceva già la presunta vittima: per quest'ultimo, che nonostante i "no" della ragazza non si è fermato, l'accusa è stata estesa a violenza carnale e coazione sessuale».
Nel nuovo atto d'accusa il procuratore pubblico intendeva inoltre inserire, sulla base di una nuova perizia psichiatrica, una nuova stima del tasso alcolemico della ragazza la sera dei fatti, stima pari al 2,64 per mille. Durante la prima fase del dibattimento era invece stato stimato che il tasso alcolemico della giovane si aggirava tra l'1,35 e il 3,1 per mille. La Corte, dopo essersi consultata, ha però deciso di mantenere questa forchetta come dato di riferimento anche nella seconda parte del dibattimento, in quanto non si conosce l'esatto tasso alcolemico della ragazza quella sera. L'unico dato oggettivo a disposizione è infatti lo 0 per mille rilevato alle 15.30 del giorno successivo.
«Sconcerto» e silenzi - La tensione, in aula, è quindi salita. La difesa si è infatti detta «sconcertata» dalla direzione presa dal procedimento e dal lavoro svolto del procuratore e ha consigliato ai tre accusati di non rispondere alle domande. Quest'ultimi, interrogati dal procuratore e dal giudice, hanno quindi invitato la Corte a riferirsi a quanto già dichiarato durante la prima parte del processo, e hanno scelto di non aggiungere altro.
La parola è poi passata a Akbas, che ha in primis ricordato come la possibilità di estendere l'atto di accusa sia prevista dalla legge. Le richieste di pena sono state però le stesse fatte sette mesi fa. «Oggi mi limiterò a parlare della seconda fase dell'abuso sessuale, quella che ha coinvolto solo l'imputato principale, il 31enne», ha esordito il procuratore. «Dagli atti è emerso che quella sera la ragazza aveva bevuto molto, e questo lo riconoscono tutti». Akbas ha ammesso poi che è stata riscontrata «un'oggettiva difficoltà nel ricostruire le esatte condizioni psicofisiche della vittima»: secondo la nuova perizia psichiatrica, al momento dei fatti la ragazza non si trovava infatti in uno stato di totale incapacità di discernimento. La giovane, per Akbas, «era però ubriaca al punto da essere considerata inetta a resistere». Il "no" e il "basta" «ci sono stati, tutti e tre gli accusati l'hanno ammesso, e nonostante ciò il 31enne ha di nuovo abusato della vittima», ha insistito il procuratore.
Una perizia da cestinare - «Questo procedimento ha fatto emergere nella vittima il senso di colpa di non ricordarsi abbastanza di quella sera», ha affermato dal canto suo la rappresentante dell'accusatrice privata Letizia Vezzoni. Quest'ultima ha poi criticato pesantemente la nuova perizia psichiatrica: «Il perito ha deciso di stabilire come soglia dell'incapacità di discernimento il 3 per mille, nonostante questa soglia in diritto non esista. La perizia è quindi, se non da cestinare, da prendere con le pinze, in quanto è viziata nella forma, per gli atti non visionati, e nel contenuto».
«Così non si fa. È grave» - La parola è passata quindi alla difesa, a partire dall'avvocato Niccolò Giovanettina, che chiede il proscioglimento dell'imputato principale. «Questa inchiesta è un cattivo esempio di giustizia. Questo va premesso perché questo procedimento appare deragliato, e in questo ci sono andati di mezzo sia l'accusatrice privata che gli imputati», ha esordito. «L'atto d'accusa è stato esteso a violenza carnale e coazione sessuale per quanto concerne il mio cliente, eppure il procuratore pubblico non ha speso una parola sulla coazione e ha liquidato in due parole la violenza carnale. Così non si fa, è grave e imbarazzante, soprattutto considerata la fiducia che va accordata al Ministero pubblico». Ciò che ha fatto il procuratore, ha continuato Giovanettina, «è semplicemente stravolgere ciò che ha scritto il perito per aggiungere due ipotesi di reato a carico del mio cliente». Giovanettina ha poi sottolineato come la vittima «non ricordi il secondo atto sessuale. L'unico che ci dice che questo c'è stato è il mio cliente, che parla di un rapporto sessuale avuto fuori dalla macchina». Eppure quest'ultimo «nell'atto d'accusa viene descritto come avvenuto all'interno della macchina, come il primo atto. Questa è dunque una descrizione completamente sbagliata del secondo atto sessuale». Di conseguenza, ha concluso Giovanettina, «questo non è un atto d'accusa esteso e modificato, ma un atto d'accusa che racconta una storia completamente diversa da quello precedente. Questo sconfessa tre anni d'inchiesta».
«Lei era cosciente» - «Quanto avvenuto in questo procedimento, divenuto caotico, ha dell'incredibile. È difficile comprendere cosa abbia spinto la Corte a non decidere sette mesi fa», ha convenuto l'avvocato Sandra Xavier, che chiede nuovamente il proscioglimento del secondo imputato, il 27enne. Per quanto riguarda il tasso di alcolemia stimato per la giovane, Xavier ha sottolineato poi che l'unico dato certo agli atti è che alle 15.30 del giorno successivo la giovane aveva un tasso alcolemico dello 0 per mille. «Il 2,64 citato dalla nuova perizia psichiatrica è quindi solo un esempio basato su dei calcoli teorici. E non vedo come un esempio possa essere preso in considerazione dall'accusa». L'avvocato ha ricordato poi che «circa tre quarti d'ora dopo i fatti la giovane ha scritto a degli amici dei messaggi di senso compiuto e senza commettere errori. Emerge quindi che la sua coscienza non era compromessa, così come non era compromessa la sua motricità fine. Questo suggerisce che un'ora prima non poteva trovarsi in uno stato di incapacità di discernimento».
A chiudere il dibattimento è infine stato Massimo de'Sena, avvocato difensore del 25enne che avrebbe fatto da palo ai due presunti abusatori. «Come già detto nella prima parte del procedimento il mio cliente è rimasto a guardare: non vi è stata dunque alcuna commissione di reato e per questo chiedo il suo proscioglimento. L'accusatrice privata, inoltre, sapeva quello che stava facendo. Non era incosciente al momento dei fatti e subito dopo è rientrata a casa in macchina percorrendo una strada peraltro difficile».