Cresce nel cantone il fenomeno dei giovanissimi ritirati sociali. La psichiatra: «A scuola, gli adulti possono cogliere i segnali di crisi».
BELLINZONA - Hanno fra i 14 e i 25 anni, sono intelligenti, spesso bravi a scuola, ma introversi. E, di fronte ai cambiamenti tipici dell’età adolescenziale e alle prime delusioni, iniziano piano piano a trascorrere le giornate all’interno della propria camera, in totale isolamento, senza uscire. Sono i giovani “hikikomori”, i cosiddetti ritirati sociali.
La sindrome è sempre più diffusa e sta prendendo piede anche in Svizzera e in Ticino. Ne parliamo con la dottoressa Alexandra Liava, capoclinica del Servizio medico psicologico di Bellinzona (Organizzazione sociopsichiatrica Cantonale), psichiatra dell’Infanzia e dell’adolescenza.
Iniziamo dalle parole: cosa vuol dire il termine hikikomori?
Hikikomori significa stare in disparte, isolarsi. Deriva dai verbi hiku, tirare indietro, e komoru, ritirarsi. Di solito è tradotto con: ritiro sociale. Si tratta di una condizione di difficoltà dell’individuo ad adattarsi alla società, non di una malattia (che può tuttavia insorgere successivamente proprio a causa dell’isolamento).
Si ha riscontro di casi in Ticino?
È un fenomeno sicuramente in incremento, ma è difficile definirlo numericamente. Nelle nostre schede statistiche presso il Servizio vengono inserite le diagnosi e alla base di un ritiro sociale possiamo avere dei quadri diagnostici diversi, quindi diventa difficile poi raggrupparli come ritiro sociale.
Chi è più a rischio?
La stragrande maggioranza sembra avere un'età compresa tra i 14 e i 25 anni, con un picco intorno ai 17 anni. Sempre più frequentemente, però, s’incontrano preadolescenti che si avventurano lungo la strada del ritiro già verso gli 11 o i 12 anni. I giovani che entrano in hikikomori sono quelli affaticati dalla sensazione di disadattamento rispetto alla società di appartenenza e dalla percezione di non sentirsi come gli altri, di non avere motivazioni e di non volerle neppure ricercare; così, emerge il desiderio di distacco e di isolamento temporaneo.
È possibile tracciare una sorta di “identikit”di un hikikomori?
Prevalentemente, si tratta di ragazzi con un passato scolastico brillante, intelligenti, tendenzialmente introversi, che nell’impatto con i cambiamenti corporei e con i compiti evolutivi adolescenziali perdono i punti di riferimento. Questi ragazzi si percepiscono come distanti dai loro coetanei, i quali appaiono ai loro occhi meglio equipaggiati e vincenti.
Spesso, c’è una percezione di inadeguatezza rispetto alle alte richieste scolastiche e alle aspettative dei genitori. La relazione con i genitori è caratterizzata da una forte idealizzazione narcisistica; i genitori spesso collocano le proprie aspettative ideali dentro il figlio e nello stesso tempo cercano di evitargli ogni possibile esposizione alle frustrazioni della crescita. Quindi il giovane interiorizza, da un lato, un ideale molto ambizioso e, dall’altro, l’incapacità di contemplare e affrontare la delusione, la sconfitta, il fallimento momentaneo e la vergogna.
Come si manifesta l’isolamento?
Il giovane abbandona la scuola o il lavoro e, successivamente, tende a sottrarsi gradualmente dalle relazioni sociali, trascorrendo la quotidianità all’interno della propria camera, in totale isolamento. Al riparo delle mura domestiche di solito resta sveglio di notte e dorme di giorno, utilizzando, a volte, Internet come unico canale di contatto con il mondo.
Il fallimento porterebbe, quindi, i futuri autoreclusi a percepirsi come inadatti?
Rispetto, per esempio, ai compiti scolastici credono di essere inefficaci di fronte alle difficoltà. Ciò conduce a un progressivo stato di demotivazione e rinuncia che favorisce, inizialmente, l’abbandono scolastico e, successivamente, l’isolamento.
Spesso, fra le cause, viene additato l’utilizzo eccessivo di internet o dei social network: è così?
In realtà, la percentuale degli hikikomori che utilizza il web è del 30%. Non si tratta, quindi, di una presunta dipendenza dalla rete ma della fatica a tollerare i dolorosi vissuti legati a quanto accade quotidianamente. Anzi, l’uso di internet favorisce la comunicazione con il mondo esterno che il ritiro ha interrotto e consente di anestetizzare l’angoscia e la solitudine, mantenendo in vita la prospettiva di un possibile futuro, in questo momento non realizzabile, ma almeno in parte pensabile.
Quali sono i campanelli d’allarme?
La fobia scolare, spesso seguita dall’ abbandono scolastico. La scuola è, di solito, il primo ambito in cui i futuri ritirati sociali mostrano la propria fragilità e in cui gli adulti possono intercettare i segnali della crisi.
Esistono programmi specifici cantonali che si occupano del tema?
Il primo progetto ticinese è "Hikikomori (PH 2020)", attivo dal 2020, presso la comunità socio-terapeutica Arco a Riva San Vitale. È destinato a risolvere i problemi dei giovani in autoreclusione con prolungate assenze scolastiche (3 mesi e più), assenza dal lavoro, isolamento sociale, evitamento delle sfide evolutive.
Cosa può fare la scuola?
Un elemento importante di prevenzione è l’identificazione all'interno delle aule delle fragilità e la messa in atto dei supporti adeguati il prima possibile. Quindi, la collaborazione con il Servizio medico psicologico (SMP), oltre a essere importante quando un ragazzo presenta già una sintomatologia, risulta importante anche prima, quando un alunno inizia ad avere comportamenti tendenti al ritiro oppure quando gli insegnanti si rendono conto di un allievo che rimane isolato, preso in giro.
E la famiglia?
Se si rende conto delle fragilità, possono essere loro a rivolgersi all’ SMP. Intervenire precocemente risulta fondamentale, quando ci sono già i primi segnali di disagio.
I ragazzi riescono a uscirne?
Come detto, intervenire precocemente risulta fondamentale, quando ci sono già i primi segnali di ritiro, dove si possono affrontare subito queste tematiche e dove si possa in qualche modo far sì che la situazione non precipiti.
La “presa in carico” presso il SMP di un hikikomori non può che essere multidisciplinare. Sono coinvolti il pedopsichiatra e lo psicoterapeuta, l’educatore e l’assistente sociale e sono previste visite domiciliari dell’educatore, sostegno psicologico ed educativo alla famiglia, psicoterapia individuale, consulenza pedopsichiatrica e collaborazione con le scuole