Il maltempo ha condizionato molto i pernottamenti (meno 30%). Ma sul futuro si avvicinano altre nubi minacciose.
BELLINZONA - Un terzo delle capanne del Club alpino svizzero (Cas) rischia di essere compromessa a causa del disgelo del permafrost. Un allarme inquietante a cui si aggiungono 42 rifugi potenzialmente minacciati da frane causate dal riscaldamento globale. Le cifre pubblicate martedì dalla stessa associazione tratteggiano un futuro incerto per le capanne svizzere. I cambiamenti climatici obbligano i responsabili a prendere delle misure per contrastare problematiche sempre più accentuate.
Manca acqua - E in Ticino? «Le strutture ticinesi non sorgono su terreno di alta quota dove l'esistenza della capanna stessa può essere minacciata da problemi geologici generati dallo scioglimento del permafrost, ci spiega Giovanni Galli, presidente del Cas sezione Ticino. «I problemi che però potrebbero manifestarsi in Ticino sono legati soprattutto alla riserva d'acqua garantita dal permafrost per l'approvvigionamento idrico di alcune nostre capanne».
La sezione è proprietaria di cinque capanne alpine e di un rifugio, la Baita del Luca (ai piedi dei Denti della Vecchia): la capanna Cristallina in Valle Bedretto, Campo Tencia in Leventina, i rifugi sull’Adula sul Monte Bar, oltre alla capanna Motterascio in Valle di Blenio. Proprio quest’ultima, a detta del presidente, è la struttura che ha causato più grattacapi alla sezione. «È la capanna che negli ultimi anni ci ha dato più problemi». Le ragioni? «In Ticino la grande difficoltà riguarda l’acqua. Le condizioni di prolungata siccità rappresentato un ostacolo per diverse strutture».
Il rischio di frane - Le soluzioni purtroppo si contano sulle dita d'una mano. «Una gestione molto più attenta e parsimoniosa, così come la creazione di bacini d'accumulo più capienti, sono misure che già vengono realizzate o sono pianificate», ci ricorda Galli. Per quanto riguarda invece la caduta di sassi e l’aumento dei rischi di frane, queste «hanno complicato la risalita di alcune cime. Per esempio a Pizzo campo Tencia abbiamo dovuto creare un sentiero alternativo perché su quello originale cadevano regolarmente sassi». E il colpevole è ancora da ricercare nello scioglimento del ghiaccio.
Insomma, neppure le capanne ticinesi sono immune alle problematiche emerse dai cambiamenti climatici. «In Ticino le preoccupazioni maggiori riguardano però le salite e le cime a monte delle capanne. Invece nel resto della Svizzera le complicazioni iniziano già nei sentieri per raggiungere le strutture».
Molto dipende però dalla meteo, che quest’anno è stata tutt’altro che favorevole. «Abbiamo registrato un tasso di pernottamenti inferiore del 30% rispetto alla passata stagione», ha ammesso amareggiato Galli. Un annus horribilis condizionato pesantemente dal maltempo che ha accompagnato quasi tutta la bella stagione. «Si tratta di uno degli anni peggiori per la nostra sezione. Anche a settembre, periodo in cui di solito facciamo ancora dei bei numeri, la pioggia ha scoraggiato tanti escursionisti».