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Non solo Lacerenza, giovani abbagliati dal trash?

Il sociologo in difesa dei ragazzi: «Sono molto più impegnati e moralisti di un tempo. Ma anche il trash ha la sua ragione d'essere»
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Non solo Lacerenza, giovani abbagliati dal trash?
Il sociologo in difesa dei ragazzi: «Sono molto più impegnati e moralisti di un tempo. Ma anche il trash ha la sua ragione d'essere»

LUGANO - Le gesta di Davide Lacerenza, imprenditore/influencer ai domiciliari con l’accusa di spaccio e promovimento della prostituzione noto anche alle cronache ticinesi, continuano a rimbalzare sui social e a fare da argomento di discussione nelle conversazioni meno impegnate.

Per chi ancora non lo conoscesse, il Lacerenza, 60enne di belle speranze, ha all’attivo 257mila seguaci (cifra tonda) su Instagram, una grossa fetta dei quali è composta da ragazzini (con un appeal particolare anche alle nostre latitudini). E non è nemmeno un unicum. Nel panorama dei personaggi da social, è solo uno dei tanti “uomini senza qualità” che ottengono consensi grazie a una sfacciata volgarità, all’ostentazione di denaro, sesso e droga. 

Più che contro questi adulti con la paura di crescere, viene quindi da puntare il dito contro la moltitudine di giovani che, abbagliati dal nulla, fanno di tanta pochezza un motivo di vanto. Un punto di vista, questo, considerato miope dal professore Sandro Cattacin, ordinario di sociologia presso l’Università di Ginevra. 

Anche nella mia generazione il trittico “sesso-droga e rock and roll” aveva il suo appeal. Ma i nostri miti erano maledetti, ma artisti. Ci si innamorava della musica, della lotta contro le convenzioni sociali, della libertà. Oggi le passioni sembrano pescare dal basso, dagli istinti…
«Credo che non si possa parlare di giovani in modo generalizzato. Anzi, si assiste a una forte controversia all'interno dei gruppi giovanili. Abbiamo una parte di ragazzi estremamente cosciente, molto preparata e impegnata a livello accademico, culturale, morale. Proprio nei giorni scorsi ho incontrato dei ragazzi facenti parte di centri culturali indipendenti ticinesi e ho riscontrato tanta energia e buona volontà». 

Non vede un impoverimento degli interessi tra i giovani?
«Dipende dai bacini da cui si attinge la conoscenza, anche sui media sociali. Ci sono ragazzi interessati a tematiche storiche, quelli impegnati a migliorare l'ambiente o ancora interessati a combattere la discriminazione o la guerra. Insomma, io vedo persone impegnate in attività che hanno dietro un ragionamento, una base morale, più strutturati di quanto non fossero in passato». 

Un esempio concreto?
«Pensi solo cosa vuol dire essere "verde" oggi. Significa rinunciare a tante cose: ai viaggi in aereo, alla carne se si è vegani. C'è una fetta di gioventù colta e super moralista».   

Non sono tutti così. Basta aprire un social a caso
«I media sociali hanno questa tremenda capacità di creare gruppi distinti che non comunicano tra loro. Gli algoritmi, poi, fanno il resto del lavoro. Senza accorgertene entri in una cerchia di persone che ti dà ragione, che conferma quello che è il tuo atteggiamento nei confronti del mondo, anche se “trash”. Il problema non riguarda solo i ragazzi. Sarebbe interessante analizzare se anche nella popolazione adulta abbiamo una diminuzione estrema di riferimenti culturali, democratici. E se non sia una situazione che si sta generalizzando questa di persone che tendono a favorire il proprio gruppo di appartenenza (in-group), rispetto al gruppo al quale non appartengono (out-group). Con situazioni che portano, una volta che si è entrati in uno di questi gruppi, a far proprie tutta una serie di informazioni, anche se non sai esattamente da dove arrivano e magari sono costruite per farti ragionare in un determinato modo. Però tu hai l'impressione di far parte di una comunità che condivide il tuo pensiero. Quindi pensi di aver ragione». 

Perché piace il trash?
«Oggi c'è una forte propensione a vedere il futuro nero. In questi contesti si sviluppano sempre due logiche, una fatta di gruppi fortemente contestatari, orientati a sé, ai propri stili di vita e codici. Penso per esempio ai movimenti legati al punk degli anni '70 o alla musica "no future" di fine anni '60. Ma si sviluppa anche quell'altra parte, che reagisce cercando di dimenticare. Pensiamo alla musica da discoteca, che fa ballare. È una leggerezza apparente, perché vissuta con l'idea che tanto tutto sta andando male». 

Lei non vuole generalizzare, ma restando in campo musicale mi viene da fare un paragone: negli anni ‘70 si ascoltavano i Genesis, Battisti. Oggi c’è Tony Effe. L’impoverimento non è solo a livello strumentale, ma anche contenutistico. È la morte della poesia? 
«Assolutamente no. Ho piuttosto l'impressione che si stia sviluppando un'anarchia di stili, e questo va sempre bene. Anche la trap, rappresenta un'innovazione a livello musicale. Il testo, in questo caso, è secondario. Penso che nei periodi di cambiamento sociale come quello che stiamo vivendo ci sia sempre molta sperimentazione. Anche il trash è una reazione che ha un suo significato e che è spesso una provocazione. Ma, come è sempre stato, ci saranno i più anziani che parleranno male di questi giovani».

Mi sta dicendo che sono diventato il vecchio che critica...
«Sì, ma con molto garbo. Perché in un certo senso la questione della reciproca comprensione fa parte dei passaggi generazionali durante i quali assistiamo a queste trasformazioni, fatte di nuovi linguaggi, di ricerca di nuovi modi di comunicare, specie in quei momenti in cui si fa veramente difficoltà a immaginarsi il futuro. Si tratta di emancipazione». 

Si dice che sia necessario toccare il fondo per risalire, che finché non si arriva nel punto più buio non si possa riuscire a trovare la luce.
«Oggi abbiamo cifre che mostrano in un modo drammatico come il pensiero suicida sia in aumento. Anche questo è un tipico segnale di un periodo di cambiamento sociale. È grave, è triste, ma allo stesso tempo è un contesto in cui ci sono anche coloro che reagiscono attaccando lo status quo, cercando di contrastare il modo di prendere decisioni, di fare politica, il mondo come è adesso. C'è una percentuale di giovani che si sta mobilitando ed è un forte segnale di qualcosa che potrà essere fondante per il domani. Il mondo, come sempre, reagirà inizialmente con una politica anti-giovane. Ma proviamo a immaginarlo diverso, senza vecchi maschi bianchi che appoggiano governi di vecchi maschi bianchi».

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