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CANTONEIn crisi per il coronavirus: «Non potrò pagare gli stipendi ai miei dipendenti»

17.03.20 - 12:58
L'artigiano ed ex politico luganese: «L'Italia è in default e stanzia miliardi. Noi pieni d'oro non facciamo nulla?»
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In crisi per il coronavirus: «Non potrò pagare gli stipendi ai miei dipendenti»
L'artigiano ed ex politico luganese: «L'Italia è in default e stanzia miliardi. Noi pieni d'oro non facciamo nulla?»
L'appello al Governo federale: «Non stiamo chiedendo il lavoro ridotto perché c'è crisi. Questa è un'emergenza mondiale»

LUGANO - Il congelamento delle attività economiche in Ticino, dovuto alle manovre anti COVID-19, sta lentamente, ma progressivamente logorando le economie di tante piccole e medie imprese locali. Già l'associazione ImprendiTi aveva lanciato una richiesta d'aiuto, quasi un grido, sottolineando come sia «in gioco la sopravvivenza del Ticino». Ora, gli fa eco un altro grido, tra i tanti, quello di un imprenditore luganese che ha deciso di rompere il silenzio esponendo una cruda verità. «Ai miei dipendenti? Potrò pagare lo stipendio questo mese. Il prossimo no».

Non ha vergogna ad esporsi Daniele Casalini, che i più riconosceranno come ex consigliere comunale leghista, ma che è anche un artigiano e da quasi trent'anni opera sul territorio con una azienda (che si occupa di sanitari) di una decina di dipendenti.

«Ci hanno lasciati in un limbo» - «Hanno fatto chiudere bar, ristoranti... A noi artigiani ci hanno lasciati in un limbo». Il suo è quasi un ringhio rabbioso, di chi cerca di tenersi stretto tra i denti qualcosa che rischia di scivolargli via. «Ci consigliano la chiusura? Ci garantissero un ammortizzatore sociale. Siamo qui che proviamo a fare il nostro lavoro, ma come è possibile se tutti i fornitori sono chiusi? Nei cantieri non mi arriva la merce e ho gli operai che girano a vuoto», spiega.

«Non vado in malora per lo Stato» - Da qui alla soluzione delle più drastiche è un passo. «Noi siamo un'azienda sana, nel senso che non abbiamo precetti esecutivi. Un'azienda che da quando è nata, dal '92 ad oggi, non è mai fallita. Che ha cercato l'aiuto dello Stato al momento della crisi e non gli è stato riconosciuto. Il cui titolare, che sono io, ha dovuto ipotecare la casa per poter andare avanti. E che oggi sta pagando la crisi che ha vissuto. Devo caricarmi di ulteriori debiti? Io non posso e non voglio farlo. Io non pago gli operai. Io non vado in malora per lo Stato».

Anche licenziare diventa un problema - Anche quello che potrebbe essere l'epilogo dei più scontati, si trasforma in un ulteriore scoglio: «Devo licenziare? Ho comunque tre mesi di disdetta. Non è che se lascio a casa una persona domani mattina non la paga più nessuno. E io vado sotto di 200/300 mila franchi. Non si può rovinare la gente così. Qui il Governo manca».

La richiesta d'aiuto - È proprio al Governo federale che Casalini si appella, ma non senza muovere critiche, anche pesanti: «Lo Stato manca nell'informazione e nella reazione. Si dia una mano a chi è in difficoltà. E non sono solo io, sono migliaia le imprese che si trovano nella mia stessa situazione. In Italia stanziano miliardi per l'economia... Un paese in default è più serio di noi che abbiamo in cassa 80 miliardi d'oro e non siamo capaci di metterne in campo un paio per arginare questa emergenza. Sono esterrefatto. Lo dico da imprenditore, ma anche da ex politico».

«Non facciamo i furbi» - Casalini è a un passo dallo stop. Poi non gli resterà che stare a vedere: «Io mercoledì sera mi dovrò fermare. Ho queste ultime ore nelle quali cercherò di portare avanti i lavori urgenti. Ma da settimana prossima come faccio a lavorare se non ho il materiale? Io percepisco furbizia. Un paese come la Svizzera ti "consiglia" di chiudere. Così un domani non potrai dire che ti è stato imposto e non potrai pretendere nulla. Non stiamo chiedendo il lavoro ridotto perché c'è crisi. Questa è un'emergenza mondiale».

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