Tenuta sotto scacco quasi due mesi, una 60enne del Luganese ha versato 250 mila franchi a un sedicente mago.
Il racconto della donna: «Sono stata ingenua. Quando ho cercato di scappare mi hanno picchiata. La gente deve sapere per non cadere in questa trappola»
LUGANO - Voleva farsi togliere “la negatività”. Insomma, quello che una volta si chiamava “malocchio”. Vittima della propria ingenuità, ma anche (come spesso in questi casi) della solitudine, N.*, 60enne luganese, è diventata, nell’arco di pochi giorni, l’ennesima preda di quelle organizzazioni criminali che si muovono agilmente tra l’Africa e la Francia.
Un'organizzazione criminale - In passato si era già ampiamente riferito di questi truffatori nel caso delle truffe amorose, quelle con le carte di credito e i prestiti online. Ognuno di questi raggiri aveva quale obiettivo il privare della maggior somma di denaro possibile le vittime designate. Mai prima, tuttavia, il raggiro era arrivato a questi estremi. Sì, perché N., per liberarsi di questa fantomatica negatività, ha dovuto recarsi fino a Parigi per sottoporsi ai rituali di una sorta di stregone africano soprannominato “il Professore”.
La "caccia" attraverso i social - È stato proprio questo “Professore” a prendere contatto con la sventurata. Ovviamente attraverso i social. «Mi sono confidata con lui tramite WhatsApp - racconta la donna -. Mi ha detto che la mia sfortuna era conseguenza di questa aurea negativa dalla quale avrebbe potuto liberarmi».
Il viaggio dal "professore" - N. si convince che la trasferta possa aiutarla a risolvere i suoi problemi. Si mette, insomma, nelle mani di uno sconosciuto. Perdipiù sedicente mago. Insomma, i presupposti per una sonora lezione ci sono sin dal principio. E le cose non migliorano andando avanti in questa amara vicenda.
«Arrivata a Parigi mi aspettavo di trovare la camera d’albergo già prenotata, come mi avevano promesso», racconta. Il suo nome, tuttavia, non compare sull’elenco dell’hotel. Decide comunque di fermarsi. A breve sarebbe avvenuto il primo incontro con il suo potenziale salvatore. Che tuttavia non si presenta. «Al suo posto arrivano due scagnozzi», racconta la donna.
Il sangue come segno del malocchio - È con questo incontro che N. viene assoggettata, inconsapevolmente, al volere del gruppo di malintenzionati. L’esistenza di questa “negatività” viene infatti dimostrata attraverso quello che con ottime probabilità si è trattato di un mero gioco di prestigio. «Mi hanno condotto sotto la doccia con in braccio il mio cane. Quindi hanno aperto l’acqua. Dal povero animale ho iniziato a vedere sgorgare sangue. In quel momento non ho capito più nulla».
La donna riferisce di non aver trovato, in seguito, ferite sul povero animale. Ma la paura nei confronti di questo male le ha impedito di essere razionale. «Mi hanno detto che queste forze negative erano frutto del lavoro di qualcuno che mi voleva morta. Quindi mi hanno chiesto una somma di denaro, anche importante, per il rituale che avrebbe dovuto liberarmi».
I viaggi in banca - Avviene così la prima visita in banca. La prima di una lunga serie. L’estratto conto della donna parla chiaro: il 13 giugno del 2019, dall’UBS di Ginevra, vengono prelevati 25 mila franchi. «Il Professore si è premurato di prendermi un autista che mi ha accompagnato in banca e riportato indietro». I soldi avrebbero dovuto servire all’acquisto di 250 candele, centinaia uova e quant’altro per realizzare l’intruglio dal potere salvifico. In realtà è difficile pensare che alcunché sia stato fatto per la donna se non spremerla fino all’ultimo centesimo.
Le percosse e le minacce - Così avviene, in un periodo che va appunto dalla metà di giugno fino alla fine di luglio. In questo lasso di tempo sono circa una quindicina i prelievi. Tutti da diverse migliaia di franchi. E sono anche diversi i tentativi della donna di fuggire dalle grinfie di questi malviventi. «Non mi hanno rapita, ma era come se lo fossi. Quando manifestavo il desiderio di andare via ricevevo cinghiate, calci...Ero soggiogata. In più venivo minacciata di ritorsioni. Piangevo di continuo e psicologicamente ero a pezzi».
Una libertà ritrovata a caro prezzo - La libertà di N. ha un prezzo. Ci sono voluti 250 mila franchi per essere lasciata andare. «Sono riusciti a togliermi fino all’ultimo centesimo», prosegue. Poi, con la scusa di un nuovo viaggio a Ginevra, la donna viene caricata in auto. «Verso le 3 di mattina mi fanno scendere. Eravamo ancora in Francia, per la precisione ad Annemasse». Insomma, in una località a un soffio dal confine. E lì viene abbandonata. Sola e senza un franco in tasca.
La donna riesce a raggiungere una gendarmeria vicina. «Ho sporto denuncia. Mi hanno già detto che non rivedrò un franco di quello che ho dato a questa gente». Quando esce dal posto di polizia è di nuovo sola. «Sono rimasta lì fuori tutto il giorno. Alla fine mi ha notata un angelo, un tassista algerino. Mi sono fidata, mi ha ospitata. Tramite un suo amico, sono stata portata poi a Ginevra. Da lì, senza un franco in tasca, ho trovato un altro tassista che mi ha riaccompagnata a Lugano con la promessa che, una volta arrivati, l’avrei pagato. Avevo ancora qualcosa in casa. Il costo del trasporto? 1300 franchi».
Oggi N. non ha più nulla. Spariti per sempre i risparmi di una vita. «Sono arrivata a pensare di togliermi la vita. Ma non ne vale la pena per certa gente. Spero solo, raccontando questa storia, che non capiti a nessun altro».