Decine di casi in Ticino. Le vittime? Anche persone con stipendi dignitosi, ma oberate dai debiti
LUGANO - Quello che sembrava essere un caso isolato, in realtà è solo la punta di un iceberg dalle proporzioni spaventose. Il prestito truffaldino segnalato negli scorsi giorni (partito da un semplice contatto su Facebook e costato diverse centinaia di franchi a una coppia ticinese in difficoltà), è in realtà un modus operandi ben consolidato e al quale hanno abboccato decine di ticinesi.
Volatilizzati migliaia di franchi - Un numero «sorprendentemente alto», ci segnalano dal Ministero pubblico. Qualcuno se l'è cavata con qualche centinaio di franchi. Ad altri è andata peggio. In alcuni casi sui conti esteri, «spesso africani», sono stati versati migliaia di franchi. E non c'è modo di recuperarli. Non solo perché il denaro viene inviato su carte prepagate sempre diverse, ma perché ciò avviene verso paesi con cui non c'è «nessuna convenzione di assistenza giudiziaria».
C'è chi diventa complice. Inconsapevolmente - Insomma, una volta truffati c'è poco da fare. E laddove vi era già in principio una situazione di necessità, questa non può che peggiorare. Ma gli sviluppi possono essere ancora più gravi. Perché la truffa si articola ulteriormente per chi, ingenuo o forse troppo avido, oltre che pagare per avere dei prestiti, diventa complice di questa rete criminale.
Il gioco delle carte di debito - Il meccanismo è articolato e complesso. Una volta ottenuti i primi versamenti, infatti, i truffatori invitano all'apertura di un conto bancario sul quale promettono di trasferire il prestito. Quindi chiedono la spedizione della carta di debito dei conti aperti. Su queste carte fanno versare soldi da altre persone, a loro volta truffate attraverso «vendite online di prodotti tecnologici tipo iPhone o videogames», ci spiegano.
Fino alla condanna per riciclaggio - Al titolare dei conti vengono lasciate le briciole (crederà insomma che i versamenti del prestito stiano avvenendo), in realtà si troverà ad essere complice della truffa. «Abbiamo avuto casi di chi di carte ne aveva spedite ben quattro. E ora si ritrova con decine di denunce e un decreto d'accusa che potrebbe tramutarsi in una condanna per riciclaggio», aggiungono dal Ministero pubblico.
Una piaga sociale - Insomma, non un problema di poco conto, ma una piaga vera e propria spesso derivante (e questo è sintomo di una società ammalata) dalla necessità di soddisfare bisogni non essenziali. «Vacanze, regali di Natale, telefonini e auto», questi i beni per i quali molto spesso ci si indebita.
Le vittime? Di ogni età e ceto sociale. E non tutti disoccupati o con reali problemi finanziari. Molti, infatti, hanno stipendi dignitosi. Ma dimenticano di pagare le tasse, eccedono in una vita al di sopra delle loro possibilità, fino a trovarsi oberati e senza credibilità finanziaria, diventando così vittime di persone senza scrupoli.
Dal Ministero pubblico l'invito è semplice: «Non cedere a questi meccanismi, rivolgersi a persone di fiducia, o chiedere un piano di rientro con l'ufficio esecuzioni. Ma mai fidarsi di chi offre prestiti chiedendo soldi. Specie se questi vengono versati in paesi esteri». Anche perché recuperarli «è impossibile».
In questi frangenti la citazione del film Fight Club suona quasi come un monito: «Compriamo cose che non ci servono, con soldi che non abbiamo, per fare impressione su persone che non ci piacciono».