La giovane è stata ritenuta colpevole di tentato omicidio per dolo eventuale.
LUGANO - Fu tentato omicidio, ma per dolo eventuale, quello che venne commesso a Pregassona la mattina dello scorso 25 ottobre. L'ha stabilito stasera la Corte delle Assise criminali di Lugano, condannando una 27enne ticinese a tre anni di detenzione sospesi in favore di una misura terapeutica stazionaria da eseguire in una struttura per la cura contro la tossicodipendenza.
«Cos'è successo quella mattina? È chiaro che c'è stata concitazione e che la vittima non se ne andava dall'appartamento dell'imputata», ha esordito la giudice Francesca Verda Chiocchetti. «Altrettanto chiaro è che è stato utilizzato un coltello, che sono stati sferrati fendenti verso più parti del corpo dell'uomo, e che sono state raggiunte anche zone vitali».
«Ha riconosciuto che poteva uccidere» - «Per quanto concerne i colpi inferti al collo è indubbio che il coltello utilizzato quel giorno dalla 27enne è adatto a cagionare la morte di una persona», ha continuato la giudice. «È evidente che con quella lama è possibile creare tagli profondi che possono toccare vasi sanguigni vitali. D'altronde la stessa imputata ha riconosciuto che con le sue gesta avrebbe potuto uccidere la vittima».
Per quanto riguarda invece la coltellata sferrata al viso dell'uomo «si configura il reato di tentate lesioni gravi, mentre per la coltellata che ha raggiunto la coscia si conferma il reato di lesioni semplici con oggetto pericoloso».
«Nessuna legittima difesa» - La tesi della legittima difesa portata avanti dall'avvocato Demetra Giovanettina non ha, in definitiva, convinto la Corte: «L'imputata stessa ha più volte dichiarato che in quei momenti pensava solo a togliersi di dosso l'uomo e a farlo uscire da casa sua».
Nel commisurare la pena è stato però tenuto conto di varie allevianti, tra cui la scemata imputabilità di grado lieve-medio rilevata dal perito psichiatrico, la collaborazione processuale dimostrata dalla giovane e il suo difficile trascorso.
La pubblica accusa, lo ricordiamo, aveva chiesto quattro anni e tre mesi di detenzione sospesi in favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa per la cura della tossicodipendenza. La difesa aveva invece chiesto un massimo di tre anni di detenzione sospesi in favore del suddetto trattamento stazionario.