Lo ha sostenuto la difesa del 48enne che lo scorso maggio sarebbe stato intenzionato a uccidere i due figli e l'ex compagna.
LUGANO - «L'imputato si è autodenunciato ancora prima di ricevere l'arma. E le sue richieste di aiuto dimostrano come non avrebbe mai avuto il coraggio di fare del male ai suoi figli». L'ha detto oggi a processo l'avvocato Chiara Villa, difendendo il 48enne italiano residente nel Luganese che lo scorso maggio avrebbe pianificato un triplice omicidio-suicidio ai danni dei suoi due figli e dell'ex compagna.
La difesa non ha contestato la colpevolezza dell'uomo al reato di atti preparatori punibili di omicidio intenzionale, ma ha chiesto una pena non superiore a un anno e otto mesi di detenzione da sospendere in favore di un trattamento ambulatoriale per la cura dei disturbi psichici. È inoltre stata chiesta la rinuncia all'espulsione dalla Svizzera.
La sentenza è attesa per le 15 odierne.
«C'è stato un tracollo psicologico» - «Prima del suo arresto l'imputato ha toccato il culmine del suo tracollo psicologico», ha sottolineato la difesa. «Il tutto si è innescato a febbraio, quando i due figli si sono rivolti alla polizia a causa di una lite familiare. È seguito l'allontanamento dei figli deciso dalle autorità, il loro collocamento in istituto e infine la supercautelare».
«Ha chiesto aiuto a più riprese» - «Rimasto solo, il 48enne inizia a cercare aiuto, e lo fa rivolgendosi al Telefono Amico. Con il passare del tempo le telefonate hanno raggiunto una cadenza giornaliera, e va detto che l'uomo ha spontaneamente fornito il suo nominativo», ha evidenziato Villa.
La notte tra il 5 e il 6 maggio, a mezzanotte e 11, «l'uomo chiede di nuovo aiuto al 143, il quale ha segnalato il caso alla polizia, che ha infine disposto l'arresto».
Il 48enne, fermato dalle autorità, «mostrava evidenti scompensi di natura psichica» riconducibili al suo bipolarismo. «E», per la difesa, «necessita proprio per questo di un trattamento adeguato e imminente, trattamento a cui vuole sottoporsi e al quale non si è mai sottratto».
«Tentava di educare i figli» - Per quanto riguarda invece le accuse di violenza domestica contro i figli, «i gesti dell'imputato si iscrivevano nel suo ruolo paterno». Il 48enne «era un padre che tentava di educare i suoi figli, e non era assolutamente intenzionato a fare loro del male. I racconti dei ragazzi, inoltre, non sempre trovano riscontro nella realtà».
In merito all'ex compagna, invece, «le uniche testimonianze di violenza sono quelle fornite dalla donna stessa», ha osservato Villa. «I figli, dal canto loro, non hanno mai riferito di aver assistito ad atti intimidatori o violenti nei confronti della madre».
«Non è un pericolo per la società» - Per quanto riguarda la commisurazione della pena, «va considerata l'assenza di precedenti». L'uomo ha inoltre collaborato in corso di inchiesta e la perizia ha attestato una scemata imputabilità di grado medio. Il 48enne, per la difesa, «non costituisce in definitiva un pericolo per la società, e il trattamento deve avere la priorità».
L'avvocato Villa ha chiesto infine alla Corte di rinunciare all'espulsione: «L'imputato risiede in Ticino da quasi 10 anni ed è qui che vivono i suoi figli, ai quali è strettamente legato».
A chiudere il dibattimento è stato lo stesso 48enne: «Io voglio vivere per i miei figli e con i miei figli. E voglio vivere in Svizzera», ha concluso.