Niente divieti rigidi e proibizionismo. Il Gran Consiglio ha approvato il rapporto della Commissione formazione e cultura
BELLINZONA - Gli alunni ticinesi non potranno più smanettare liberamente con i propri telefoni in ogni momento. Il Gran Consiglio ha infatti deciso di approvare il Rapporto della Commissione formazione e cultura sulla mozione presentata da Giorgio Fonio e cofirmatari “Vietiamo gli smartphones nelle scuole dell’obbligo”. La modifica della legge non prevede un divieto assoluto e generalizzato dei telefoni, ma è previsto che nel perimetro dell’istituto scolastico gli smartphone siano spenti e non visibili fisicamente.
La questione - Smartphone a scuola sì oppure no. Il dibattito ha coinvolto politici e cittadini nelle ultime settimane, in particolare per la volontà di combattere il cyberbullismo. E alla fine in Gran Consiglio si è arrivati a un “dunque". E l’ha spuntata (con 51 voti favorevoli, 13 contrari e 12 astenuti) la “via di mezzo” proposta dalla Commissione formazione e cultura. Niente divieto assoluto, ma una regolamentazione più omogenea sul territorio, telefoni spenti e nella borsa anche durante le pause (per favorire le relazioni sociali) e una maggiore responsabilizzazione dei genitori, affinché si possa «combattere il bullismo educando». «Una via ragionevole e ragionata», è stata definita, per «aiutare gli istituti scolastici ad affrontare la quotidianità senza imporre scelte o esperimenti rigidi».
Gli atti parlamentari - Un divieto generalizzato di utilizzo degli smartphone e dei dispositivi mobili nella scuola ticinese. Era questa la richiesta dell’interrogazione parlamentare “Bullismo 2.0: come arginare questo fenomeno” del 2017. Una misura che l’Esecutivo aveva giudicato inadeguata. Il 17 settembre 2018 Giorgio Fonio (PPD), Henrik Bang (PS) e Maristella Polli (PLR) hanno inoltrato la mozione “Vietiamo gli smartphone nelle scuole dell’obbligo”. Due le richieste formulate al Consiglio di Stato: 1) avviare un progetto pilota in alcune sedi scolastiche per un divieto generalizzato per gli alunni dello smartphone all’interno della scuola dell’obbligo (in particolare scuola media); 2) introdurre un corso di etica dell’informatica (rischi e opportunità della tecnologia).
Il rapporto della Commissione - Ma il divieto generalizzato, dopo ampie discussioni, non è stato visto come una soluzione dalla Commissione formazione e cultura. «La proposta è eccessiva e in contrasto con alcuni principi pedagogici e può essere anche controproducente - ha spiegato il relatore Alessandro Speziali -. La tecnologia non è un tabù, ci vuole un uso consapevole». Al DECS è stato quindi domandato di modificare le direttive emanate per la scuola media (telefoni spenti e in borsa anche durante le pause; genitori informati se durante la lezione il telefono viene ritirato perché l’allievo lo utilizza impropriamente; famiglia informata prima delle gite scolastiche sulla possibilità d'uso dello smartphone).
Un sassolino nella scarpa di Bertoli - Un passo che a Manuele Bertoli non è piaciuto per niente. «Su questo tema purtroppo non c’è stato dialogo. Noi abbiamo detto “no” alla proibizione, mi aspettavo una risposta, invece ho scoperto che le direttive venivano cambiate leggendo il rapporto - ha detto oggi in aula -. Qualcuno magari avrebbe dovuto dialogare con me in quanto rappresentante del DECS. Il Governo viene ora “invitato” a cambiare le direttive, ma non credo che possiamo fare altro». Gli ha risposto Fonio: «Il muro lo abbiamo trovato nel DECS che ha subito detto che la proposta era inaccettabile». Il direttore del DECS non si è tirato indietro: «Se per “dialogo” lei intende che avremmo dovuto dire “sì” alla sua proposta, contro il muro ci è andato lei. Perché nessuno, nemmeno la Commissione, ha detto “sì” alla sua proposta. Lei ha avanzato la sua idea, il Governo ha risposto per quali ragioni non era d’accordo. Altra cosa è modificare delle direttive del DECS».