Dopo un limbo lungo 12 anni, il tema approda infine in Gran Consiglio. Il bivio: sarà il Governo infine a dover trovare una soluzione?
BELLINZONA - Fuori da un limbo durato oltre dieci anni. Il Parlamento cantonale, nella sua penultima tornata dell'anno - che si aprirà questo pomeriggio -, sarà tra le altre cose chiamato a dire la sua, finalmente, sull’eventualità di una «autogestione cantonale». O, per andare oltre l'etichetta, su quello che dovrebbe (o meno) essere il ruolo del Governo cantonale nell'ambito dell'autogestione.
Nella primavera del 2021 infatti, in quello che era stato uno dei momenti più caldi attorno al "dossier" - culminato, nella notte tra il 28 e il 29 maggio di quell'anno, con la demolizione di parte dell'ex Macello - la questione non era infine approdata sui banchi del Gran Consiglio dopo che la mozione (datata 2012) che per oltre un mese aveva acceso gli animi in seno alla Commissione sanità e sicurezza sociale, sfociando infine in un rapporto "a quattro mani" firmato da Tiziano Galeazzi e Raoul Ghisletta, era stata ritirata, a metà giugno, da Fabio Schnellmann e co-firmatari su garanzia che il Consiglio di Stato si sarebbe adoperato per cercare un mediatore e una possibile sede.
Non solo Lugano, ma...
Fu a quel punto, solo una manciata di giorni dopo, che lo stesso deputato democentrista presentò la mozione che ha originato i due rapporti, firmati il mese scorso, su cui il plenum sarà chiamato a chinarsi. Un rapporto, relatrice Laura Riget (PS), firmato dalla maggioranza della già citata Commissione (PS, PLR, Verdi e Più Donne) che accoglie «parzialmente» i contenuti della mozione e invita Palazzo delle Orsoline «ad avanzare soluzioni concrete, realistiche e attuabili entro un arco temporale ragionevole». E per soluzioni, sottolinea il rapporto, si intende sia il luogo che «le condizioni necessarie affinché i promotori di questo tipo di realtà possano operare a favore dei loro obiettivi».
Il "dove" resta tuttavia la grande incognita. L'unica certezza che restringe il campo è che dovrà essere un luogo facile da raggiungere. «È fondamentale avviare una collaborazione con il Municipio del Comune in cui si individuerebbe lo spazio per l'autogestione. Le richieste espresse negli ultimi anni da chi partecipa a queste iniziative a Lugano indicano chiaramente che tali spazi dovranno trovarsi in un'area urbana facilmente accessibile tramite i mezzi pubblici, evitando quindi la delocalizzazione in regioni difficilmente raggiungibili», si legge.
Nessun passo avanti, nessuna porta aperta
Il rapporto di minoranza, confezionato da Sabrina Aldi (Lega dei Ticinesi), sposa invece la linea espressa dal Messaggio del Governo e, in estrema sostanza, chiude la porta alla proposta di istituire un gruppo di lavoro ad hoc - citando il contenuto della mozione - «più incisivo» per trovare una soluzione.
«Non è compito dell'Ente pubblico forzare un gruppo di persone che ha dimostrato ripetutamente di non aver nessuna intenzione di intavolare discussioni o mediazioni a trovare un accordo», si legge nel testo, che reca le firme dei restanti commissari leghisti e quelli del Centro. Perché dal 2021, argomenta la minoranza della Commissione - a oggi «nulla è cambiato e gli autogestiti luganesi non hanno fatto alcun tipo di passo avanti nei confronti delle autorità». L'esperienza dell'autogestione a Lugano, proseguono, «per come intesa dagli stessi autogestiti, è totalmente libera e senza che vi sia alcun genere di organizzazione o personalità giuridica. Si tratta di scelte che comportano delle conseguenze, tra le quali l'impossibilità da parte di un Ente pubblico di riconoscerli quali entità giuridica e pertanto di poter loro attribuire diritti e doveri».