FFDUL 2023 ospita nel primo pomeriggio di domani la proiezione di "Trieste è bella di notte", un documentario su migrazione e diritti
LUGANO - Più di trenta tentativi per entrare. La neve e la fame per giorni. Il buco legislativo che ha permesso all'Italia di "riammettere" oltre mille persone solo nel 2020 in Slovenia, Bosnia e Croazia, in barba alla Costituzione, alla Legge e ai diritti umani. Sono storie che risalgono a quel periodo in cui tutto sembrava fermo e in cui tutto era concentrato su un'unica tematica: la pandemia. Ma la tragedia umana, che da decenni si protrae, quella non si era arrestata. Anzi, continuava e si incrinava proprio sotto il peso dell'assenza di occhi che osservano e di bocche che denunciano.
A raccontare questa triste realtà c'è "Trieste è bella di notte", per la regia di Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore, che arriverà nella sala del cinema Corso domani alle 13:30 grazie al Film Festival Diritti umani di Lugano. Il documentario interpella le voci di diversi uomini che, partiti adolescenti, sono arrivati ormai adulti e dopo molteplici tentativi, rifiuti e riammissioni nei Paesi confinanti in un centro di accoglienza di Trieste.
Li incontriamo uno a uno: c'è chi arriva dal Pakistan, chi dal Bangladesh e chi ancora dall'Afghanistan. Realtà tanto lontane quanto simili possono essere stati i percorsi seguiti dai giovani. Raccontano tutti di valichi, della neve, della sete e della fame tanto forti da bere dalle pozzanghere e mangiare le foglie, anche secche, degli alberi. Parlano dell'essersi dovuti lasciare alle spalle dei compagni di viaggio, morti dopo aver ingerito o bevuto acqua non potabile e cibo non commestibile, o per essere caduti dalla cima di un dirupo o congelati per il freddo.
Il documentario però non racconta solo le storie di chi ce l'ha fatta, ma anche di un gruppo di giovani che il confine con l'Italia non è ancora riuscito a varcarlo. Delle loro speranze, dell'attesa che il "game" - ossia il tentativo di passare - sia pronto. E parla anche del fatto che lungo il viaggio non tutto è sempre stato difficile e tale da mettere in pericolo la vita. Alle interviste si alternano infatti alcuni video realizzati dai giovani migranti mentre visitano una città o partecipano alle celebrazioni del nuovo anno.
Il film, data la ripetitività delle testimonianze, può risultare a tratti noioso. Ma è proprio questa caratteristica a renderlo forte e di impatto. Perché sembra quasi di sentirla, quella fatica, del dover ricominciare, ritentare il passaggio una, due, dieci, trenta, cinquanta volte. Senza nessuna garanzia di potercela fare. Tanto che molti dei giovani intervistati si chiedono: «Ma se non ci volete, perché non chiudete il sistema di asilo? Perché ci fate inutilmente continuare a sperare?».
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