Il commento del Presidente dell'istituto italiano di geofisica e vulcanologia (INGV) riguardo alla scossa odierna
«L'ultimo terremoto devastante nel Nord Italia? Il sisma di Verona, del 1117»
BERGAMO - «È un terremoto che definiamo leggero, tra 4 e 5 sono relativamente bassi, in Italia i terremoti solitamente fanno danni quando sono oltre 5.5»: così Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), parla con l'ANSA del terremoto di questa mattina.
Il terremoto, percepito in tutta la Lombardia e anche in Ticino, è avvenuto alle 11.34 con epicentro a 2 km a est di Bonate Sotto, nel Bergamasco. L'epicentro è stato localizzato a una profondità di 26 km.
Se la scossa di questa mattina non ha causato danni, è anche grazie alla profondità dell'epicentro: «Un terremoto che avviene in profondità diminuisce l'energia che arriva in superficie, perché - spiega il presidente dell'INGV - il cono di energia che si irradia in superficie diventa più vasto».
Per quanto riguarda il sisma di oggi, «non abbiamo certezza sulla profondità, cerchiamo - racconta Doglioni - di dare una stima la più attendibile possibile, ma non sappiamo la velocità delle onde sismiche che attraversano le rocce, stimiamo una media di velocità e sulla base di quella media ipotizziamo la profondità, il terremoto potrebbe essere anche oltre i 30 km, nessuno può scendere a quella profondità, che stimiamo anche con terremoti passati, non è facile avere una Tac di tutto il territorio nazionale».
«Nell'area di oggi? Eventi ogni 20 anni»
«Di faglie ce ne sono decine sparse sul territorio nazionale in grado di dare terremoti importanti, non c'è - spiega Doglioni - una singola faglia, ce ne sono tantissime, in Appennino ce n'è una ogni 5 chilometri».
Nell'area di oggi, in particolare, «ci sono eventi ogni 20 anni». Ma per arrivare a un terremoto devastante nel Nord Italia bisogna tornare al sisma di Verona del 1117, con una magnitudo di 6.5: «passare da 4.4 a 6.5 vuol dire aumentare l'energia di 1'000 volte, il che può dare enormi danni. Questo ci dice anche che i terremoti sono rari, ma ci possono essere».
E per questo, «visto che non sappiamo se ci sarà un terremoto domani o tra 100 anni, è importante - ricorda Doglioni - costruire in maniera antisismica, approfittare del sisma bonus per rendere le case più sicure».
In Italia - spiega il presidente dell'INGV - si registrano tra i 20 e i 25 eventi sismici oltre 5.5 al secolo, questo significa che ogni 4-5 anni c'è un evento che crea danni seri. In Lombardia il più forte si è registrato a Caviaga, nel Lodigiano, nel 1951. «Purtroppo non sappiamo prevedere i terremoti ma - conclude Doglioni - dobbiamo affidarci alla statistica».
La spiegazione: «Un fenomeno compressivo»
«Il sisma di oggi con epicentro nella Bergamasca è un fenomeno compressivo: una placca - quella adriatica, di cui fa parte anche la pianura padana e che è collegata alla placca africana - preme a nord su quella europea. In questa spinta la placca europea viene spostata ogni anno di un millimetro, accorciandosi verso nord».
È quanto spiega il direttore dell'Osservatorio Nazionale Terremoti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Salvatore Stramondo.
«Un terremoto di magnitudo sopra 4 in quest'area non si verificava dal '79, che in tempi geologici vuol dire l'altro ieri», ricorda Stramondo, che aggiunge: «Nella spinta ricevuta, la placca europea finisce sotto quella adriatica a nord, che la sovrasta. Il fenomeno in quest'area è compressivo, dunque una cosa diversa dal meccanismo caratterizzato invece dalla faglia».
«Per capire questo movimento sismico basta immaginare due mani che premono l'una contro l'altra generando uno scivolamento laterale. Tecnicamente si definisce regime tettonico compressivo con una componente di movimento laterale, ovvero 'transpressivo'».
«Un sisma di questo tipo si è verificato ad esempio in Emilia nel 2012 (anche qui il meccanismo dominante è compressivo), qualcosa di totalmente diverso dai terremoti appenninici avvenuti all'Aquila e ad Amatrice, caratterizzati invece da meccanismi distensivi».