Uno speciale del Financial Times racconta il progetto ucraino: una hotline dedicata ai militari di Mosca che vogliono disertare.
KIEV - Dalle guerre nascono sempre storie. Come quelle di chi crede fermamente nella missione affidatagli oppure quelle di chi invece cerca solo di sopravvivere, a ogni costo e nonostante tutto, anche rischiando di diventare un disertore.
È il caso di "I want to live", "Voglio vivere". Così viene chiamata la linea telefonica dedicata alle truppe russe che vogliono disertare e istituita nel settembre 2022 dall’intelligence militare ucraina.
Solo nel mese di dicembre sono stati oltre 200 i soldati, con mille altri casi pendenti, che si sono arresi, dopo aver chiamato - «agitati», «in lacrime» - l'hotline. Cifre rivelate al Financial Times da Vitaly Matvienko, speaker del dipartimento dell'esercito di Kiev, che si occupa dei prigionieri.
«Puoi aiutarmi ad arrendermi?»
Le telefonate, attive 24 ore su 24 grazie a 10 operatori appositamente formati, sono aumentate quando ai 190 mila soldati, impegnati inizialmente nell’offensiva, il Cremlino decise di aggiungere altri 300 mila riservisti.
Ma quale il contenuto delle telefonate? Il quotidiano finanziario ha potuto ascoltare una conversazione: «Ciao. Hai chiamato l'hotline dell'intelligence della Difesa ucraina, vuoi vivere?», chiede l'operatore. «Sì - risponde il soldato russo - Qualcuno mi ha dato questo numero, puoi aiutarmi ad arrendermi?».
Telefonate come queste si sono susseguite nei mesi, raggiungendo un numero di 26 mila dall'inizio del progetto. I soldati che poi disertano - spesso esasperati dai propri comandanti (per loro «la vita dei soldati vale zero») - vengono presi in custodia come prigionieri di guerra, con l'obiettivo poi di poterli usare come "merce di scambio" con prigionieri in mano russa, cosa che é avvenuta a intermittenza durante il conflitto.
A questo proposito, ieri (3 gennaio) è avvenuto uno scambio di centinaia di soldati nei pressi del confine di stato russo-ucraino, nella regione di Belgorod. Il ministero della Difesa di Mosca - ripreso dall'agenzia Afp - ha infatti reso noto che 248 dei suoi soldati sono stati restituiti grazie all'accordo raggiunto dopo negoziati «complessi» e mediati dagli Emirati Arabi Uniti.
Campagna informativa e «resa preliminare»
Matvienko spiega anche che si cerca di incentivare le diserzioni con una campagna informativa e di "pressione psicologica": lanciando in cielo volantini, urlando da trincea a trincea, ma anche attraverso spot radiofonici e televisivi sui media ucraini.
Per i russi c'è anche la possibilità di una «resa preliminare», contattando l'hotline dedicata prima di arrivare in terra ucraina, avviando già in partenza la pratica di resa, dovendo così restare in battaglia il minor tempo possibile. Certamente il rischio di essere "scoperti" non è irrilevante, e c'è bisogno di «calmarli», promettendo loro che saranno trattati bene, «in accordo con le Convenzioni di Ginevra: con assistenza medica, cibo tre volte al giorno e la possibilità di chiamare casa», ha spiegato il portavoce dell’intelligence.
Il caso dell'elicotterista
E a chi si arrende portando con sé attrezzature militari, il parlamento ucraino ha deliberato di offrire una ricompensa fino a 500 mila dollari.
È il caso dell'elicotterista Maxim Kuzminov che, dopo aver contattato segretamente il servizio di resa, il 9 agosto ha volato con il suo equipaggio sopra il confine russo-ucraino, evitando il fuoco amico che si era accorto della fuga, e atterrando poi in Ucraina dove «gli altri membri dell'equipaggio sono stati eliminati», come riferito da parte ucraina.
Quanto all'ex capitano del 319esimo reggimento elicotteri di Mosca, oggi risiede in un luogo segreto in Ucraina. E da Kiev esorta i suoi ex compagni a fare lo stesso: «Non ve ne pentirete».