La vicenda è stata resa pubblica da un reportage dell'emittente Canal 13
SANTIAGO DEL CILE - Il caso di una bimba boliviana venduta dalla famiglia per svolgere lavori in condizione di servitù scuote l'opinione pubblica in Cile. La vicenda è stata resa pubblica oggi da un reportage dell'emittente Canal 13 che ha rivelato il calvario patito dalla bambina di 8 anni, ora affidata alle cure dello Stato.
La piccola era costretta dalla famiglia che l'aveva "comprata", e che lavorava in una coltivazione della regione di O'Higgins, a svolgere mansioni domestiche e spesso veniva privata del cibo, picchiata e costretta a dormire all'aperto.
Il procuratore incaricato dell'indagine ha affermato che la bambina "non ha mai ricevuto un'istruzione in Bolivia o in Cile e non aveva nemmeno un'identità". "È stata portata in Cile, nella regione di O'Higgins, attraversando irregolarmente la frontiera e quindi non esiste alcuna traccia ufficiale di lei in nessuna agenzia. Sarebbe potuta scomparire senza lasciare traccia", ha aggiunto il magistrato.
È stato un vicino che spesso le dava da mangiare a decidere di salvarla consegnandola alle forze dell'ordine mentre la "presunta famiglia" ne denunciava la scomparsa. Da lì sono iniziate le indagini e oggi tutti i soggetti coinvolti sono in custodia, compresa la nonna della bambina. Fu proprio lei a venderla e successivamente a reclamarne la restituzione alle autorità riconoscendo di aver ricevuto del denaro per consegnare la nipote, affermano gli inquirenti. "La donna riteneva normale il suo agire e non ha nascosto questa situazione che per noi è così aberrante", ha detto il procuratore.