È la seconda volta in meno di due mesi
ALABAMA - Flop del boia in Alabama.
Per la seconda volta in meno di due mesi, i tecnici della camera della morte hanno avuto problemi a trovare le vene e il condannato è stato riportato in cella, nonostante la Corte Suprema avesse respinto in extremis i ricorsi degli avvocati per fermare l'esecuzione.
I responsabili della prigione hanno deciso che non c'era tempo sufficiente per uccidere il detenuto prima della mezzanotte, quando sarebbe scaduto il mandato che autorizzava l'iniezione letale. Per Kenneth Eugene Smith, legato al lettino della camera della morte, è stato un calvario di quasi due ore, da quando intorno alle 22 il primo ago gli è stato infilato in una vena: dopo svariati tentativi "in varie parti del corpo" senza successo, i tecnici del penitenziario hanno gettato la spugna.
Non è la prima volta in pochi giorni in cui la difficoltà a trovare le vene crea problemi al boia: in Texas, due giorni fa, un uomo, condannato per l'omicidio della sua ex ragazza e del suo bambino, è stato comunque messo a morte nonostante i gravi problemi alle articolazioni che gli impedivano di stendere completamente le braccia. Gli avvocati di Stephen Barbee vanamente nei giorni precedenti avevano cercato di fermare l'esecuzione nel timore di una procedura "equivalente alla tortura" del loro cliente.
Ieri intanto un altro condannato ha ricevuto l'iniezione letale in Oklahoma, il settimo da quando nell'ottobre 2021 lo Stato ha ripreso le esecuzioni dopo una pausa di sei anni seguita a una serie di clamorosi casi finiti male.
Nonostante le pressioni internazionali per una moratoria della pena di morte, gli Stati Uniti continuano a essere una roccaforte del sistema della morte di Stato.
Per una California dove in gennaio il governatore Gavin Newsom ha annunciato lo smantellamento della camera della morte, in altri Stati, soprattutto del sud, il lavoro del boia si è di recente accelerato dopo la pausa della pandemia. Le esecuzioni in Oklahoma e Texas, assieme a un'altra in Arizona, hanno portato a tre il numero dei detenuti messi a morte in tre giorni.
Kenneth Eugene Smith è entrato invece nel rarefatto club dei 'sopravvissuti alle esecuzioni'. Ne faceva parte finora solo Alana Eugene Miller: anche nel suo caso, in settembre e nello stesso stato, l'impossibilità a inserire l'ago nelle vene prima della scadenza del mandato aveva costretto la prigione a rimandarlo in cella.