17 anni e il peso di un lutto, di una colpa, quella di aver ucciso la sua famiglia. Oggi l'interrogatorio di convalida in carcere.
MILANO - Sono passati ormai quasi cinque giorni dalla strage di Paderno Dugnano. Dove mamma, papà e fratellino di 12 anni sono stati uccisi da Riccardo, primogenito 17enne. Strage a colpi di coltello - 68 fendenti - nella notte di sabato su domenica, quando, nel pomeriggio, dopo aver confessato, verrà trasferito al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano.
Riccardo ora è solo («provo dolore»), spunta il rimorso («vorrei tornare indietro») e l'incapacità di capire («non mi so spiegare cosa sia accaduto»). Frasi riferite in questi giorni al suo difensore. Ma dal baratro, che lo studente di liceo si è scavato con le sue mani, spunta la luce del sostegno del nonno materno. Capace di andare oltre il dolore di aver perso genero, figlia e nipotino, per far sapere all'avvocato che «non lo abbandoneremo mai, gli staremo vicini».
Gli inquirenti intanto indagano su una possibile premeditazione - i carabinieri hanno sequestrato diversi dispositivi come telefoni e pc -, valutando un'ipotetica pianificazione del delitto. Quanto invece alle cause della mattanza, il movente tecnico non c'è ma resta quel «disagio», il «malessere» di sentirsi «un corpo estraneo all'interno della famiglia», tanto da raccontare poi agli inquirenti di sentirsi «oppresso».
I primi giorni in carcere - Riccardo in carcere ha trovato il conforto di Don Claudio Burgio. Il sacerdote, che lo ha confessato su richiesta del giovane, ha spiegato a Famiglia Cristiana che nel 17enne, così come in altri ragazzi, ha trovato «un vuoto profondissimo», un «abisso» difficile da intercettare. Anche se per il cappellano è presto per capire: «Bisogna avere pazienza, aspettare il tempo necessario».
La vita dello studente in qualche modo va avanti. Nel centro di prima accoglienza dell'istituto minorile, Riccardo non ha la tv, incontra psicologi, educatori e studia matematica. «Legge molto», ha detto il suo legale che gli ha lasciato alcuni testi, mentre altri li prende «dalla biblioteca del carcere». Ed è ancora l'avvocato a spiegare che durante i colloqui «piange spesso», ma «dorme sereno», mentre «sta acquisendo consapevolezza».
Ascoltato oggi - Nel frattempo oggi si è svolto l'interrogatorio di convalida del fermo. Solo dopo potrà incontrare gli zii e i nonni, che ha chiesto di poter vedere, specie dopo aver saputo della loro vicinanza, nonostante tutto. Nell'ora e mezza di udienza, la difesa ha chiesto per Riccardo una comunità di recupero - «se vogliamo recuperarlo» ha detto il legale -, mentre i pm avrebbero chiesto il carcere. In lacrime il ragazzo ha spiegato di non avere avuto attriti con i familiari e che per allontanarsi da quel «malessere» aveva anche pensato di scappare di casa, di allontanarsi dalla famiglia. Ma non è andata così.