La sentenza pronunciata oggi in Corte d'assise. L'accusa era di omicidio aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere
VENEZIA - A poco più di un anno dal femminicidio che ha sconvolto l'Italia e la cui efferatezza ha varcato i confini nazionali, la legge si è pronunciata con una sentenza di condanna che ci si aspettava potesse essere quella massima. E così è stato. Dopo essersi radunata questa mattina (martedì) in camera di Consiglio, la Corte ha deciso: Filippo Turetta è stato condannato all'ergastolo, con l'esclusione dell'aggravante della crudeltà, ed è stato interdetto dai pubblici uffici.
Turetta era presente in aula e ha accolto la sentenza impassibile, con lo sguardo basso. Il giovane è stato condannato al risarcimento dei danni alle parti civili ovvero i parenti di Giulia Cecchettin (padre, fratello, nonna e zio) per una cifra pari a 760mila euro. La difesa aveva chiesto due milioni di euro.
«Abbiamo perso tutti, come società. Nessuno mi ridarà indietro Giulia, non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri. È chiaro che è stata fatta giustizia, ma dovremmo fare di più come esseri umani». Sono le prime parole pronunciate da Gino Cecchettin, pochissimi minuti dopo la lettura della sentenza. «Io penso che la violenza di genere non si combatta con le pene, va combattuta con la prevenzione. Come essere umano mi sento sconfitto, come essere umano non è cambiato nulla rispetto a un anno fa». Cecchettin non ha voluto commentare la sentenza, anche se la notizia dell'esclusione della crudeltà l'ha evidentemente colpito. Le motivazioni verranno rese note entro 90 giorni.
L'avvocato Stefano Tigani, legale di parte civile per Gino Cecchettin, ha dichiarato: «Una sentenza che francamente ci aspettavamo, leggeremo le motivazioni. Dal punto di vista risarcitorio la richiesta è stata soddisfatta. Nessuno vince oggi». Tigani aggiunge: «La fine di un processo è un accertamento che vedrà gradi di impugnazione, e dovremo combattere anche là. L'ergastolo ha un'aggravante pesantissima, questa sentenza sono convinto che passerà indenne i successivi gradi».
Il processo - La decisione in primo grado dei giudici (due togati e sei popolari) sulla sorte del 23enne (tra pochi giorni), reo confesso dell'omicidio di Giulia Cecchettin, arriva così dopo un processo "lampo" - meno di 3 mesi e cinque udienze -, deciso su iniziativa della difesa - che ha rinunciato a presentare testimoni - e consenso dell'accusa. In aula già dalla mattina erano presenti papà Gino Cecchettin, la nonna di Giulia e l'imputato, che indossava una felpa con cappuccio blu.
I fatti - «Ho ammazzato la mia fidanzata», aveva detto Turetta alle autorità tedesche durante il suo primo interrogatorio, dopo una fuga durata otto giorni e conclusasi in Sassonia-Anhalt. Fermo con la sua Grande Punto a margine dell'autostrada, il 19 novembre venne infatti raggiunto e poi identificato dagli agenti della polizia stradale. Fermo dal quale seguì l’estradizione in Italia il 25 novembre scorso.
Prima di quell'epilogo, l'11 novembre 2023 aveva aggredito in più fasi - in un parcheggio (Vigonovo) a 150 metri da casa Cecchettin e di seguito in una zona industriale di Fossò (Venezia) - e poi ucciso con 75 coltellate la sua ex fidanzata di 22 anni (i due hanno avuto un rapporto altalenante tra il gennaio 2022 e il luglio 2023), che credeva di amare ma della quale era ossessionato.
Il tutto all'interno di un raptus omicida scaturito dopo il rifiuto della studentessa di tornare con lui. E dopo le coltellate ecco Turetta caricare Giulia in auto in auto e dare inizio alla sua lunga fuga. Abbandonerà poi il corpo della giovane, alle 3 di mattina di domenica 12 novembre, in una scarpata nell'area del lago di Barcis (Pordenone).
Accusa contro difesa - Dunque oggi la condanna, dopo che la difesa di Filippo aveva puntato sul riconoscimento delle attenuanti generiche, cercando di smontare in questo modo la premeditazione, la crudeltà, gli atti persecutori e lo stalking, per evitare al proprio assistito il "fine pena mai", pena da loro definita «inumana». Gli avvocati lo hanno fatto anche insinuando il dubbio («Siamo sicuri, ogni oltre ragionevole dubbio (...) di un proposito chiaro, lucido, una persistenza verso l’omicidio?»).
Ma per l'accusa di dubbi non ce ne sono mai stati: l'imputato aveva premeditato e preordinato l'omicidio, con l'ormai tristemente famosa lista degli oggetti utili per uccidere e per la successiva fuga, elenco stilato dall’assassino quattro giorni prima dell'omicidio (7 novembre). Anche per questo il pm, durante la sua requisitoria aveva chiesto la condanna all'ergastolo.
E ora la certezza del primo grado di giudizio: rinchiuso nel carcere di Verona dal 25 novembre 2023, Filippo Turetta passerà dietro le sbarre ancora parecchio tempo, continuando un lungo e difficile percorso di recupero.