Scopriamo le tipologie di realtà estesa (aumentata, virtuale, mista) e le loro potenziali applicazioni al marketing
Se ci limitassimo a dare una definizione semplicistica, diremmo che per realtà si intende ciò che materialmente è. Ma cosa accade quando la realtà può essere “estesa” fino ad includere qualcosa che, almeno materialmente, non è?
Senza addentrarci in discorsi filosofico-scientifici che non ci competono, vediamo tecnicamente cosa intendiamo per realtà estesa.
La realtà estesa (o XR) include tutti gli ambienti che combinano al loro interno dimensioni reali e virtuali: tra le più conosciute, ci sono la realtà aumentata (AR), la realtà virtuale (VR) e la realtà mista (MR). Per essere precisi, dobbiamo sottolineare che non esiste un confine netto tra realtà e virtualità: la XR rappresenta, sostanzialmente, un continuum che va da una dimensione totalmente reale, passando per una in cui alla realtà viene aggiunto solo qualche input sensoriale, fino a giungere a una esperienza in cui la virtualità è totale. In effetti la X di XR, che sta per extended, fa riferimento alle tecnologie “Spatial Computing”, ovvero quelle che sono alla base del processo di completa digitalizzazione della realtà.
Analizziamone le differenti tipologie per capire meglio differenze e utilizzi.
“Aumentati”, ma non distaccati
Quando parliamo di realtà aumentata, ci riferiamo a un arricchimento digitale della realtà mediante l’utilizzo un dispositivo elettronico. Va da sé, pertanto, che ci si imbatte di fronte a elementi che non fanno effettivamente parte della realtà (quella percepibile attraverso i nostri sensi, senza che vi sia una mediazione digitale), ma che vengono sovrapposti ad essa.
Possiamo avere un assaggio delle possibilità derivanti dalla AR semplicemente pensando al gioco, ideato dall’azienda Niantic, più scaricato fino a pochissimi anni fa: Pokémon Go. Grazie alla mediazione di uno schermo, ci siamo ritrovati a catturare una miriade di mostriciattoli per le strade della nostra città!
Al di là del perimetro dei videogames, basti pensare alla tecnologia dei “filtri”, di cui abbiamo già parlato in passato, introdotta da Snapchat nel 2015 e oggi sfruttata da molti social, tra cui Instagram e TikTok. Questa ci permette di inserire oggetti o effetti in uno spazio specifico o apportare modifiche all’immagine del nostro viso (cambiandone i connotati), o ancora dell’ambiente circostante. Tecnologia evidentemente ancora più utile, se spostiamo il focus del discorso – argomento, anche questo, già trattato qui su Target - verso l’uso che ne fanno le aziende che si occupano di estetica (come l’Oreal): la sua applicazione, in questo caso, permette ai potenziali clienti di “provare” dei prodotti senza alcun tipo di contatto “sensibile” con essi.
Proprio per evitare che l’utente si senta parte di una dimensione differente da quella in cui vive, la AR sfrutta una concezione chiamata digital twin, che permette, attraverso la tecnologia, di replicare perfettamente la realtà fisica, potenziandola con l’aggiunta di informazioni (nel caso del gioco, di immagini in movimento dei Pokémon), che possono essere video, animazioni o testi.
Immersi nel virtuale: navigheremo o affogheremo?
A differenza della AR, che parte da un ambiente reale e lo arricchisce con entità nuove, la VR crea un ambiente ex novo. In questa situazione simulata, l’utente può muoversi e compiere azioni, interagendo con essa e con gli elementi che la compongono attraverso degli hardware: i più conosciuti sono il visore e gli auricolari, ma possiamo ricreare una situazione totalmente immersiva grazie all’utilizzo di una tuta attrezzata con molteplici tipologie di sensori.
La possibilità di “partorire” una realtà è particolarmente affascinante. Chi ha visto lontano è stato sicuramente, neanche a dirlo, Mark Zuckerberg. Dopo aver acquisito l’azienda Oculus (che nel 2010 ha sviluppato il primo prototipo di visore VR, Oculus Rift), il proprietario di Meta ha modificato oggi il nome dell’azienda inglobata in Meta Quest, sviluppando con essa dei nuovi visori che consentono e consentiranno sempre più di vivere in un vero e proprio… metaverso. Termine da cui, se fosse necessario stabilire quanto il fondatore di Facebook crede che la VR sia il futuro, deriva proprio il nome della holding che gestisce la sua prima società, nonché Instagram e WhatsApp.
Della VR, però, non dobbiamo solo considerare la dimensione ludica: diverse aziende (come la finlandese Varjo) producono con essa strumenti professionali per l’addestramento in sicurezza di operatori e piloti.
In medio stat virtus? La realtà mista
In questo continuum troviamo delle forme di realtà che riproducono quasi perfettamente lo spazio fisico, inserendo dei nuovi elementi virtuali, con cui è possibile interagire. La tecnologia HoloLens di Microsoft sfrutta la realtà mista, che le permette di arricchire lo spazio fisico con la presenza (per quanto digitale) di ologrammi.
Dalla dimensione ludica a quella professionale, sono tanti gli ambiti di applicazione delle XR, che permettono di abbattere i rischi per l’uomo nelle situazioni più pericolose, evitandone la presenza fisica. Probabilmente, in un futuro prossimo anche queste tecnologie entreranno a far parte della nostra quotidianità.
Le nuove frontiere della realtà (aumentata, virtuale o mista), sempre più diffuse e utilizzate, stanno letteralmente conquistando il marketing. Da anni, noi di Linkfloyd abbiamo iniziato ad integrare queste nuove opportunità all’interno delle nostre strategie per migliorare e rendere più entusiasmanti le connessioni tra aziende, professionisti e i rispettivi target.
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