Potente, elettrizzante, colmo d'interrogativi morali: quello di Nolan è davvero un grandissimo film
LUGANO - «Ho rifiutato il progetto perché non riuscivo a trovare la strada verso la sua essenza». Queste parole sono state pronunciate qualche settimana fa da Oliver Stone. Il grande regista, autore di film del calibro di "Platoon", "Nato il quattro luglio" o "JFK - Un caso ancora aperto", ha rivelato che gli fu offerta la possibilità di realizzare un film dal libro "American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer" di Kai Bird e Martin J. Sherwin. Una sfida che Stone non ha raccolto, al contrario di Christopher Nolan.
Un thriller morale - Invece lui quest'essenza «l'ha trovata» ammette Stone. «La sua sceneggiatura è stratificata e affascinante». Il cineasta britannico classe 1970 è riuscito a partire dalla biografia del "padre" della bomba atomica e a espandere il racconto fino a farlo diventare un coacervo di questioni etiche e morali, avvincente come un thriller. In più lo spettatore viene letteralmente inchiodato alla sedia da alcune sequenze magistralmente dirette, su tutte quella del test atomico Trinity.
Il Nolan più politico - Nolan ha riversato nelle tre ore tonde di "Oppenheimer" la sua visionarietà, il gusto per l'epica, il rigore. Tutti elementi che abbiamo già avuto modo di gustare nei precedenti lavori, da "Inception" a "Dunkirk". Ma anche qualcosa in più rispetto al passato: è il suo film dichiaratamente più politico e impegnato. Un meccanismo quasi assolutamente perfetto, che riesce a catturare lo spettatore anche in quei frangenti più ostici - e non si tratta di quando si parla di fisica, ma dove vengono messe in mostra le piccole miserie umane e le invidie che contagiano il mondo intero, anche quelle che consideriamo (e sono) le élite del pensiero razionale e scientifico.
Il ruolo della vita di Murphy - Per quanto riguarda il cast, ognuno è perfetto nel proprio ruolo. «Ogni attore si è rivelato una sorpresa per me, specialmente Cillian Murphy» ha dichiarato ancora Stone. L'interprete irlandese è di un'intensità eccezionale: affronta probabilmente il ruolo della vita (e ricordiamoci che parliamo di Tommy Shelby). Dispiace invece di sentir parlare di Florence Pugh più per il body shaming subito via social che per il suo effettivo contributo al film.
La sofferenza di Prometeo - Ci affidiamo ancora al regista 76enne per una considerazione generale. «Il film racchiude l'essenza della tragedia di Oppenheimer, un uomo al centro di una situazione impossibile anche se, come mostra Nolan, in parte creata da lui». Una frase è legata indissolubilmente alla figura di Oppenheimer: «Sono diventato morte, il distruttore di mondi». È tratta da un antico testo sanscrito ma torna a più riprese nella vicenda, come un fantasma. Prometeo, al quale il fisico classe 1904 viene paragonato, nella mitologia greca rubò il fuoco agli dei e, per averlo donato all'umanità, fu condannato a soffrire in eterno. Oppenheimer, invece, mostrò al mondo lo strumento della sua potenziale distruzione e fu condannato (e si auto-condannò) a soffrire.