«Visto cancellato? Potrebbe essere per lungo tempo. Djokovic potrebbe essere “indesiderato” in Australia per tre anni»
«La legge in questo campo è totalmente a favore del Governo».
MELBOURNE - L’esenzione medica e il visto sbagliato hanno messo nei guai, e guai grossi, Novak Djokovic. Convinto di essere dalla parte della ragione e di avere la possibilità, una volta spiegata la sua posizione, di poter davvero cominciare la sua avventura sportiva nell’isola-continente, il serbo ha infatti messo in moto un procedimento che potrebbe costargli caro. Carissimo.
Vistosi respingere il permesso di entrare in Australia e messo in isolamento in attesa di essere rimpatriato, tramite i suoi legali il numero uno al mondo ha presentato ricorso al Tribunale federale di Melbourne. Nell’udienza che sbroglierà la matassa, fissata il prossimo lunedì davanti al giudice Anthony Kelly, il 34enne campione di Belgrado parte tuttavia da una posizione di svantaggio. Questo perché, come spiegato ai media australiani da Mary Crock, docente di diritto all’Università di Sydney: «In questi casi la legge è molto a favore del Governo e se si richiede il visto sbagliato, la possibilità di ottenerne un altro è estremamente limitata».
L’accademica ha poi sottolineato come le decisioni prese dal Tribunale non riguardino il breve periodo. C'è anzi la possibilità, per nulla remota, che queste abbiano conseguenze durature: «Se un visto è stato cancellato, le conseguenze sono a lungo termine, sia per quel che riguarda l’ingresso in Australia che per quello relativo ad altri Paesi. In caso di espulsione, c’è la possibilità che questa misura valga per tre anni. Un’alternativa a tutta la questione potrebbe essere quella di permettere al soggetto di tornare in Patria, completare nuovamente tutta la documentazione e poi fare un nuovo tentativo con le nostre Autorità».
Intanto nel Park Hotel di Melbourne, dove è confinato e sta trascorrendo queste convulse ore (senza ovviamente avere la possibilità di allenarsi, se non nella sua stanza), Nole ha ricevuto il sostegno dei suoi tifosi. Questi si sono uniti a un gruppo di difensori dei diritti dei rifugiati - che solitamente vengono trattenuti nella struttura - e insieme hanno manifestato. Si sono sentiti cori e sono spuntati cartelloni e bandiere; il tutto sotto l'occhio vigile delle forze dell'ordine e davanti a curiosi e agli obiettivi dei fotografi.