«Non dobbiamo banalizzare la retrocessione»
«Snobbare la retrocessione? Segnale pericoloso».
TENERIFE - Il pareggio contro la Serbia e la retrocessione nella League B della Nations League sono stati dolorosi. Il gol subito in contropiede è stato l'emblema di una stagione fallimentare. Ma in questo momento, nel pieno della delusione, tutto ciò potrebbe essere anche un’opportunità.
La situazione prima del gol incassato era chiara: abbiamo accettato di rischiare, forzando la mano nella speranza di segnare una seconda rete. Da un lato questo è un buon segno: è la dimostrazione che la Svizzera voleva vincere. Dall’altra parte, però, non era necessario: una vittoria, anche 1-0, ci avrebbe infatti dato l'opportunità di evitare la bocciatura “creando” una sorpresa contro la Spagna. Invece purtroppo adesso siamo retrocessi. Fa doppiamente male perché venerdì avevamo in campo giocatori con sufficiente esperienza per poter affrontare e risolvere al meglio la situazione creatasi.
La retrocessione, a questo punto, non è solo una battuta d’arresto ma anche una grande opportunità. Nella prossima stagione della Nations League la pressione sarà infatti minore e questo darà la possibilità al selezionatore di testare e sviluppare i giovani. Ma una cosa è importante: non bisogna banalizzare questa bocciatura. Senza obiettivi chiari, una squadra perde la concentrazione. E la mancanza di futuri obiettivi è una colpa dei dirigenti dell’ASF.
È infatti un segnale molto pericoloso quando giocatori o responsabili commentano la retrocessione con un'alzata di spalle. Se la Nations League è “solo la Nations League”, allora perché in questa competizione non si è puntato sui giovani fin dall’inizio? I talenti emergenti hanno urgente bisogno di giocare, e non sto parlando dei 20 minuti verso la fine di una partita, ma di un impegno totale. Per crescere davvero.
Uno come Zeki Amdouni, per esempio, può essere un giocatore fondamentale per il futuro della Nazionale. Ma per diventare davvero una figura di spicco, deve prima affermarsi nel suo club. E invece il suo attuale contratto, per quanto prezioso sulla carta, lo sta frenando. Le società dove potrebbe giocare regolarmente semplicemente non possono permetterselo. È un dilemma che non semplifica la sua crescita.
Noah Okafor, invece, ha delle capacità eccezionali. Ma oggi il talento da solo non basta più. A questo punto dovrebbe provare a concentrarsi sulle cose semplici. Giocatori come lui possono dare un futuro importante alla Nazionale, ma devono iniziare a mostrare il loro potenziale in modo regolare.
Dopo la partita di lunedì contro la Spagna (per la quale, senza Aurèle Amenda, Ardon Jashari e Breel Embolo, Murat Yakin ha chiamato Cédric Zesiger), si chiuderà la Nations League. Il prossimo capitolo riguarda la qualificazione ai Mondiali. Ora ciò che conta è guardare avanti, con il coraggio di analizzare gli errori degli ultimi mesi e, se possibile, risolverli.