A Diessenhofen un esercente ha trovato un modo originale di aggirare l'obbligo di "pass". Ma non funziona
TURGOVIA - Chi ha deciso di chiudere. Chi, al contrario, di tenere aperto «per tutti indistintamente» certificato o non certificato. I bar hanno reagito in ordine sparso all'entrata in vigore, ieri, dell'obbligo di "pass" per la clientela. Da Zermatt a San Gallo passando per Zurigo, diversi esercenti hanno espresso il loro dissenso.
La reazione più originale è stata forse quella del Joe's Bar di Diessenhofen (TG). La proprietaria ha annunciato su Facebook la chiusura del locale, che verrà utilizzato per gli incontri di un «gruppo di auto-mutuo aiuto» per «vittime di discriminazione». Il post ha avuto un grande successo sui social, ma è probabile che nella realtà funzionerà meno.
La scappatoia degli eventi a numero chiuso «ha le gambe corte» secondo l'avvocato Patrick Stach, consultato da 20 Minuten: i gruppi di mutuo aiuto non possono superare le 50 persone, sottostanno all'obbligo di mascherina e di registrazione (identità, numero di telefono) e al divieto di somministrazione di cibo e bevande. «Al momento inoltre sono esentati dall'obbligo del certificato solo i gruppi che si occupano di dipendenze o salute mentale» spiega l'avvocato.
Il giurista Paul Richli è d'accordo: ci sono eccezioni solo per i locali che ospitano «abitualmente ed esclusivamente» riunioni di gruppi privati. Il fatto che il bar abbia pubblicato l'annuncio su Facebook, sottolinea Richli, implica che sia invece aperto a tutti. «Ne deriva che l'attività necessita comunque una licenza ed è soggetta all'obbligo del certificato». La proprietaria del bar, contattata da 20 Minuten, ha invece preferito non commentare. Le toccherà probabilmente inventarsi qualcos'altro.