Il Consiglio federale ha approvato la cosiddetta “Lex Booking”, che ora sarà sottoposta all'esame del Parlamento
BERNA - Come in Francia, Germania o Italia, le piattaforme online di prenotazione come Booking non devono imporre le proprie tariffe agli albergatori. Questi ultimi devono poter godere di assoluta libertà. È quanto ha stabilito il Consiglio federale con la modifica della legge contro la concorrenza sleale (LCSl) approvata oggi, assieme al messaggio per il Parlamento. La modifica rientra nell'ambito del diritto civile e non contempla quindi sanzioni di tipo penale.
La revisione legislativa - nota anche come "Lex Booking" - vieta insomma le clausole di imposizione dei prezzi nei contratti tra le piattaforme di prenotazione online e le aziende alberghiere. Il divieto, stando a una nota governativa odierna, consente agli albergatori di promuovere la vendita diretta per il tramite dei propri siti internet rendendole così più competitive.
La modifica di legge rientra nell'ambito del diritto civile, e non contempla sanzioni di tipo penale. Tramite le azioni previste dalla LCSI i soggetti legittimati ad agire possono difendere i propri diritti. Si tratta in primo luogo delle aziende alberghiere, dei concorrenti nonché delle associazioni professionali ed economiche. Se però sono in gioco interessi collettivi, ad esempio gli interessi economici di molte persone, può intervenire anche la Confederazione.
Mediante la modifica legislativa, il governo realizza la mozione del senatore Pirmi Bischof (Centro/SO) approvata nel 2017 dalle Camere federali del 2016 "Vietare le clausole di parità tariffaria stabilite dalle piattaforme di prenotazione online a scapito degli albergatori".
Le clausole di parità tariffaria ristretta sono previste nei contratti conclusi tra gli albergatori e le piattaforme di prenotazione online secondo cui i prezzi offerti sui siti web degli hotel non possono essere inferiori a quelli offerti da una piattaforma. Sconti possono essere effettuati solo per telefono o per email.
Per il Parlamento queste clausole restringono eccessivamente la libertà imprenditoriale e vanno abolite. Francia, Germania, Austria e Italia hanno già vietato simili clausole in via legislativa o su decisione delle autorità competenti in materia di cartelli. Nel corso del dibattito in Parlamento sulla mozione, la maggioranza aveva giudicato inconcepibile che l'albergatore, il quale nei confronti della clientela fornisce una prestazione più importante rispetto a quella fornita dalla piattaforma, oltre a dover versare un'ingente commissione debba pure soffrire di limitazioni nella politica dei prezzi che intende praticare.
Nel 2017, il sorvegliante dei prezzi, Stefan Meierhans, aveva avviato una procedura nei confronti della piattaforma online Booking.com, ravvisando abusi a livello di commissioni chieste agli albergatori attivi in Svizzera.