Lo sostiene Andreas Pautz, responsabile del comparto energia atomica presso l'Istituto Paul Scherrer (PSI).
BERNA - Per costruire una nuova centrale nucleare bastano cinque anni, mentre quelle esistenti in Svizzera potrebbero lavorare senza problemi per 60 anni e più: lo sostiene Andreas Pautz, responsabile del comparto energia atomica presso l'Istituto Paul Scherrer (PSI). A suo avviso se le centrali fossero sovvenzionate come i parchi solari sarebbero un modello d'affari interessante per le aziende elettriche.
L'obiettivo della neutralità climatica deciso dal popolo entro il 2050 è «sostanzialmente possibile con una massiccia espansione dell'energia solare, dello stoccaggio dell'elettricità e di un'ampia elettrificazione nei settori del riscaldamento e della mobilità», afferma l'esperto in un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). La Svizzera beneficia inoltre dell'energia idroelettrica, quale spina dorsale del comparto. «Tuttavia sarebbe ragionevole che l'energia nucleare svolgesse un ruolo nell'approvvigionamento energetico per i prossimi 25 anni o anche di più. Ogni decennio di funzionamento continuo delle centrali nucleari esistenti rende la strategia energetica della Confederazione più economica di un buon 10%».
Ma quanto potrebbero funzionare ancora - chiedono i giornalisti - i quattro reattori esistenti? «Gli specialisti sono concordi nel ritenere che i reattori possano operare in sicurezza fino a sessant'anni. Per gli impianti più recenti, come Gösgen (SO) e Leibstadt (AG), la tendenza internazionale punta addirittura verso gli ottant'anni. Tuttavia, ciò presuppone che avremo accesso a personale tecnico competente anche per questo lungo periodo di tempo: in un paese che ha deciso di abbandonare gradualmente l'energia nucleare questa rappresenta una sfida importante».
Fino a poco tempo fa sembrava che non vi fossero sufficienti nuove leve, ma le cose stanno cambiando. «Da alcuni anni l'ingegneria nucleare come corso di laurea è tornata a essere molto richiesta a livello internazionale. Il nostro programma di master per esperti nucleari ha ora un numero di studenti tre volte superiore a quello di cinque anni or sono. Nel frattempo sono aumentati anche gli studenti svizzeri. È uno sviluppo molto positivo», argomenta il professore di ingegneria nucleare al Politecnico federale di Losanna (EPFL).
Al momento comunque «i giovani talenti nelle discipline fondamentali della tecnologia nucleare che stiamo attualmente formando presso l'Istituto Paul Scherrer e i due politecnici federali non sono sufficienti da soli a coprire l'intero organico delle centrali nucleari», spiega Pautz. «La Svizzera ha potuto attingere per anni a personale esperto dalla Germania, beneficiando dell'abbandono precoce dell'atomo nel mio paese d'origine. Ma questa fonte si sta gradualmente esaurendo. Inoltre i giovani professionisti trovano molto più stimolante lavorare in nazioni in cui, a differenza della Svizzera, si stanno sviluppando nuove centrali».
Stando all'intervistato, la fonte atomica rimarrà importante anche in futuro. «C'è l'ipotesi che l'espansione delle energie rinnovabili venga spinta in modo così massiccio da rendere superflua l'energia nucleare dopo il 2050. Tuttavia, per avere elettricità a sufficienza in inverno, dovremo immagazzinare l'energia solare sotto forma di idrogeno o di gas di sintesi: si tratta di un'operazione molto costosa e le infrastrutture necessarie sono al massimo rudimentali. La maggior parte dei modelli seri ipotizza quindi che continueremo a fare affidamento sull'energia di banda per stabilizzare la rete elettrica e che questo avrà anche un effetto di riduzione dei costi. Le moderne centrali nucleari possono fornire questa elettricità prodotta costantemente».
Balza comunque all'occhio - fanno notare i cronisti della NZZ - che la costruzione di nuovi reattori in Europa subisce regolarmente enormi superamenti di spesa e di tempi. «Una ragione importante è che il costruttore francese Framatome non ha creato alcun reattore nei venti anni precedenti. In questo periodo si è perso molto know-how nella costruzione di impianti. Anche le autorità non hanno la necessaria routine. In Finlandia, le norme sono state modificate più volte durante la procedura di autorizzazione e sono stati aggiunti nuovi requisiti durante il periodo di costruzione. In queste circostanze, è molto difficile per tutti i soggetti coinvolti rispettare i tempi. È auspicabile che sia le autorità che il costruttore avviino un processo di apprendimento. Perché da un punto di vista puramente tecnologico, è perfettamente possibile completare una centrale nucleare entro cinque anni, come dimostra l'esperienza di altri paesi».
«In una centrale nucleare, gran parte dei costi non vengono sostenuti durante il funzionamento e per il combustibile, bensì durante la fase di costruzione», prosegue il docente. «Se si verificano ritardi, questo ha un impatto enorme sui costi totali durante il periodo di funzionamento. Inoltre in Svizzera i parchi solari ed eolici sono sovvenzionati fino al 60%: se un nuovo impianto atomico fosse sovvenzionato nella stessa misura posso immaginare che sarebbe un modello di business interessante».
«Per i fornitori di energia elettrica, i costi sostenuti per la produzione di elettricità sono decisivi. Se si considerano i soli oneri di produzione, le energie rinnovabili ottengono buoni risultati. Da una prospettiva economica complessiva, tuttavia, il calcolo è diverso. Perché in questo caso contano anche i costi di sistema: ad esempio, l'adeguamento delle tecnologie di accumulo che si rende necessario quando si ampliano le fonti rinnovabili, la fornitura di capacità di riserva, come abbiamo sperimentato quest'inverno, e la massiccia espansione delle reti che serve a causa della produzione decentralizzata di elettricità. Tutto questo viene pagato alla fine dal consumatore».
Uno studio completo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che ha preso in esame in modo specifico il sistema energetico svizzero, ha analizzato la situazione. «La conclusione è che il mantenimento in funzione delle centrali nucleari esistenti fino a ben oltre il 2050 è di gran lunga l'opzione più favorevole. Si pone però la questione di cosa accadrà dopo. La prossima opzione più favorevole sarebbe la costruzione di due grandi centrali nucleari, che dovrebbero essere costruite entro il 2040 e sostituire le vecchie centrali. Secondo lo studio, la terza opzione più economica sarebbe un mix di energie rinnovabili volatili e una centrale nucleare. Secondo questo studio lo scenario di gran lunga più costoso per la Svizzera sarebbe affidarsi esclusivamente alle energie rinnovabili».
Ci sono però anche ricerche che arrivano a conclusioni opposte. «Sarebbe quindi auspicabile che la Confederazione stessa commissionasse uno studio che tenga conto di queste varianti del sistema energetico», risponde il tecnico. «Perché in Svizzera non esiste uno studio esaustivo in merito. Sono convinto che questo potrebbe rendere oggettivo il dibattito sui costi e i benefici dell'energia nucleare».
«Gli impianti di terza generazione costruiti oggi hanno raggiunto un livello di sicurezza enormemente elevato», prosegue Pautz, che si dice anche curioso di vedere quanto proporrà la Cina nei prossimi anni. «Nel frattempo Pechino è molto più avanti di noi, soprattutto per quanto riguarda i reattori di quarta generazione. Hanno beneficiato molto degli sviluppi in Europa negli anni Settanta e Ottanta».
E le scorie? «Fondamentalmente tutte le forme di produzione di energia lasciano dietro di sé rifiuti tossici, comprese le fonti rinnovabili», osserva lo specialista. «La quantità di scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari in Svizzera è estremamente ridotta. È proprio perché sono così poche che la strada dello smaltimento geologico in profondità è praticabile. Il deposito previsto è un impianto con un potenziale di rischio estremamente basso e la Svizzera è sulla buona strada per svilupparlo».
Il professore definisce peraltro problematico il quadro finanziario in cui opera la ricerca nel campo. «Dopo Fukushima, l'industria si è ampiamente ritirata dalla ricerca sui nuovi reattori e l'Ufficio federale dell'energia non ha lanciato un solo programma di finanziamento su temi nucleari. Credo che i politici abbiano una responsabilità in questo senso, perché le competenze svizzere nella ricerca nucleare si stanno visibilmente erodendo», conclude lo specialista.