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ARGOVIALa droga comprata per uccidere la bimba: «È stato il meglio per lei. Il peggio per noi»

09.09.24 - 17:43
Come la compagna, anche il padre della bimba uccisa a Hägglingen giustifica il suo gesto con la volontà di alleviarne le sofferenze
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La droga comprata per uccidere la bimba: «È stato il meglio per lei. Il peggio per noi»
Come la compagna, anche il padre della bimba uccisa a Hägglingen giustifica il suo gesto con la volontà di alleviarne le sofferenze

BREMGARTEN - L'atto d'accusa presentato oggi presso il tribunale distrettuale di Bremgarten, descrive in dodici pagine il dramma familiare consumatosi a Hägglingen, un comune argoviese tra Lenzburg e Wohlen. La sera del 6 maggio 2020, una coppia di genitori ha somministrato alla figlia di tre anni una miscela di latte in polvere per bambini, porridge di fragole, un grammo di MDMA (ecstasy) e un compressa di sonniferi mischiati in un biberon. La donna ha versato la pappa letale nella bocca della piccola, nella camera dei genitori, e poi ha atteso.

Morta per asfissia - Quando i genitori, di origine tedesca, hanno notato che le gambe e le braccia della bambina si muovevano in modo insolito e si sono resi conto che non era morta, hanno provveduto di conseguenza. Il padre si è chinato sulla figlia, le ha messo uno strofinaccio sulla testa e le ha premuto la mano sulla bocca e sul naso. La madre intanto teneva la piccola tra le braccia e lo aiutava ponendo la mano sulla sua.

La mattina dopo la polizia veniva informata della morte. A stabilire cosa fosse successo, però, ci ha pensato l'autopsia. La bimba soffriva di grave paralisi cerebrale, una malattia incurabile. Non riusciva a deglutire, non poteva camminare, non poteva parlare e aveva crampi e dolore continui. Questa condizione ha portato i genitori a porre fine alla sua vita. L'agonia della bambina sarebbe durata circa un'ora. Il decesso è avvenuto per asfissia.

«Impazienza e convenienza» - Secondo l'accusa la coppia ha agito egoisticamente, rifiutando qualsiasi aiuto e preferendo porre fine alla vita della bambina piuttosto che farla aiutare. Avrebbero agito, insomma, «per impazienza e convenienza. Impedendo attivamente qualsiasi possibilità di miglioramento, annullando un appuntamento per l'inserimento chirurgico di una sonda gastrica». La madre aveva detto ai medici che le abitudini alimentari della figlia erano migliorate e che l'operazione non era più necessaria.

La prima parte del processo - In mattinata il giudice ha sentito prima il nonno materno della bimba e poi la madre. Quest'ultima ha sostenuto di aver agito per il bene della figlia, allo scopo di lenire le sue enormi sofferenze. La donna non si è mostrata pentita, ribadendo di essere pronta a ripetere il gesto, compiuto «per amore». Si è detta quindi pronta a scontare la condanna che l'attende (l'accusa chiede 18 anni di carcere).

Dal «momento più bello» all'omicidio - Nel pomeriggio è stata la volta del fidanzato, le cui dichiarazioni hanno ricalcato quelle della compagna. Ha sottolineato la gioia nello scoprire che sarebbe diventato padre: «La nascita è stato il momento più bello della mia vita». Ha quindi proseguito rimarcando le iniziali speranze in un miglioramento dello stato di salute della bambina. Nove mesi dopo la nascita la scoperta: la piccola è malata terminale. «Si svegliava quasi ogni notte e urlava per il dolore», racconta l'uomo.

Anche per il padre, insomma, non si è trattato di pianificare un omicidio, quanto di un gesto per «sollevarla dal dolore». L'uomo parla della sofferenza che provava quando deglutiva e del motivo per il quale si sono assunti la responsabilità genitoriale: «L'amavamo troppo per lasciarla sola, sarebbe stato troppo doloroso». Secondo lui la bambina non avrebbe sofferto: «Ci siamo sentiti sollevati dopo la sua morte».

La figlia era già in fin di vita per la poltiglia letale somministratale. L'avrebbe solo aiutata a morire. «Mi sentivo come se fossi staccato dal mio corpo», spiega cercando di descrivere il suo stato emotivo in quel momento.

La droga (due grammi di MDMA) gli era stata venduta da un amico a Francoforte sul Meno, in Germania, nel febbraio 2020. Un grammo era stato usato nel primo tentativo, non realizzato, nel marzo 2020. Il secondo grammo per l’omicidio avvenuto due mesi dopo.

Come la compagna non si è detto pentito per l'accaduto. «È stato il meglio per nostra figlia. E il peggio per noi».

«Era dolce e tranquilla, poi ha iniziato a soffrire» - È infine il turno della nonna, madre dell'imputata. La 53enne è accusata di complicità in omicidio e rischia una pena di 5 anni di carcere oltre all'espulsione dal Paese per 15 anni. La donna spiega come da subito si siano accorti che c'era qualcosa che non andava. «Mostrava resistenza quando le veniva dato il biberon, per il resto era tranquilla e dolce».

Col tempo la situazione è precipitata. «Soffriva sempre più spesso di crampi. Non riusciva a sedersi o a tenere la testa correttamente». E la figlia iniziava ad essere emotivamente sopraffatta, ma non per la necessità di dover curare la figlia. «Voleva salvarla».

La 53enne era stata avvertita della volontà di somministrare alla bambina della droga. «Solo nel caso in cui fosse peggiorata ancora», per «salvarla». «È stato uno shock per me quando l'ho scoperto. È stato terribile, non potevo crederci», prosegue la nonna tra le lacrime. Dopo l'accaduto la figlia è tornata nella casa dei genitori, non riuscendo più a stare lì dove la sua bambina era morta. «Ha detto che si sarebbe costituita, ma voleva scegliere lei stessa quando».

La prima giornata del processo davanti al tribunale distrettuale di Bremgarten si è conclusa con l'interrogatorio dei tre imputati. Domani, martedì, si esprimeranno il pubblico ministero e la difesa. La sentenza è attesa per venerdì mattina.

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