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Valute e FrontiereIl "giovedì nero" del Franco Svizzero: dieci anni dopo l’evento che scosse i mercati

15.01.25 - 14:36
CambiaValute.ch
Il "giovedì nero" del Franco Svizzero: dieci anni dopo l’evento che scosse i mercati

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Sono trascorsi dieci anni da quel 15 gennaio 2015 che resterà impresso nella storia economica e finanziaria della Svizzera ed a livello globale come il giorno in cui la Banca Nazionale Svizzera (BNS) sconvolse i mercati valutari con una decisione de tutto inattesa: la rimozione della soglia di 1,20 del cambio tra Franco ed Euro. Un livello minimo che era stato introdotto nel settembre 2011 per proteggere l’economia elvetica dall’eccessivo apprezzamento della divisa nazionale durante la crisi del debito sovrano in Europa.


Le ragioni della politica del tasso minimo di cambio

Dopo la crisi finanziaria globale del 2008 e la successiva crisi del debito europeo, il Franco Svizzero divenne un rifugio sicuro per gli investitori, portando ad un forte aumento del suo valore. Questa dinamica metteva a rischio la competitività delle esportazioni elvetiche e penalizzava tutta una serie di settori vitali per l'economia del Paese. Per contrastare questa pressione, la BNS fissò un limite minimo di cambio con l'Euro, impegnandosi a intervenire acquistando massicce quantità di valuta estera per mantenere il Franco sotto controllo.


Le pressioni e il contesto internazionale

Nel 2015, il contesto economico internazionale subì però un cambiamento significativo: la Banca Centrale Europea (BCE) si preparava a lanciare un vasto programma di acquisto di titoli (il cosiddetto "quantitative easing") per stimolare l’economia dell'Eurozona, esercitando ulteriori pressioni al ribasso sulla Moneta unica. Uno scenario che rese sempre più costoso per la BNS mantenere il tasso minimo di cambio a quota 1,20, poiché richiedeva interventi crescenti per acquistare euro e mantenere stabile il Franco.


L’annuncio a sorpresa e il crollo dei mercati

Esattamente alle 10:30 del 15 gennaio 2015, dieci anni orsono, la BNS annunciò improvvisamente la decisione di abbandonare il tasso di cambio minimo di 1,20 e di ridurre ulteriormente il tasso di interesse sui depositi al -0,75 per cento. La reazione dei mercati fu immediata e drammatica: il franco svizzero si apprezzò del 30% rispetto all’euro nel giro di poche ore, toccando livelli vicini alla parità, mentre il cambio con il dollaro americano subì un'impennata simile.


Le operazioni della BNS e l’impatto sui mercati finanziari

Nei mesi precedenti alla rimozione del tasso minimo, la BNS aveva condotto massicci interventi per acquistare valuta estera. Tuttavia, la pressione continua stava rendendo sempre più difficile sostenere questa politica senza compromettere la stabilità economica interna. Nel momento in cui il limite venne rimosso, le riserve valutarie della BNS avevano raggiunto livelli record.

L’abbandono del tasso minimo di 1,20 comportò perdite ingenti per molti investitori, broker e aziende che si erano affidati alla stabilità del cambio fisso. Diversi broker internazionali dichiararono addirittura fallimento a causa dell’impossibilità di gestire le improvvise fluttuazioni.


Le ripercussioni per l’economia elvetica

L’improvviso rafforzamento del Franco ebbe un impatto devastante sul settore delle esportazioni e sul turismo. Le aziende svizzere, già in difficoltà per la forza della valuta, si trovarono a fronteggiare margini di profitto ridotti e una perdita di competitività sui mercati internazionali. Nel settore manifatturiero, molte imprese furono costrette a ridurre i costi o a delocalizzare parte della produzione.

Il turismo poi, tra i settori chiave per l’economia del Paese, soffrì anch’esso: il forte apprezzamento del Franco rese la Svizzera una destinazione molto più costosa, riducendo il flusso di turisti stranieri.


Il lungo periodo di adattamento

Nel tempo, l’economia elvetica dimostrò tuttavia una straordinaria capacità di adattamento: molte aziende migliorarono l’efficienza operativa e diversificarono i mercati per ridurre la dipendenza dall’area euro e l’innovazione e l’alto valore aggiunto dei prodotti svizzeri contribuirono a mantenere la competitività nonostante la forza del Franco.

Le lezioni apprese

A dieci anni dall’evento, il "giovedì nero" resta un monito per le banche centrali e i mercati sulla complessità della gestione delle politiche monetarie in un contesto globale interconnesso. La BNS continua a intervenire sui mercati valutari per evitare un apprezzamento eccessivo del Franco, ma lo fa in modo più "selettivo" rispetto al passato.

L’episodio ha inoltre evidenziato l’importanza di una comunicazione chiara e della gestione delle aspettative degli investitori. Resta comunque un "caso di studio" cruciale per comprendere i rischi delle politiche valutarie rigide e le dinamiche dei mercati globali.

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