Al rosario critico sul Gay Pride si contrappone ora un’iniziativa ecumenica : «Il 2 giugno apriamo le porte di tutte le chiese». Mentre Helvetia Christiana reagisce: «È cristianofobia!»
LUGANO - Rosario in piazza contro veglia di preghiera. Gli organizzatori non l’avevano forse previsto ma il Gay Pride del 2 giugno rischia di trasformarsi in un "Gay Pray". Da un lato è spuntata l’associazione Helvetia Christiana che vorrebbe organizzare un rosario pubblico per «restaurare i valori cristiani» (in antitesi per loro, se ne deduce, a quelli veicolati dalla festa che sostiene la diversità sessuale) e, come riferito dalla Rsi, protesta per non aver ottenuto l’autorizzazione dal Municipio di Lugano. Dall’altro, in una forma più discreta ma ugualmente decisa, stanno nascendo iniziative di sostegno al Gay Pride anche in ambito ecclesiastico.
«Vorrei coinvolgere il più possibile tutte le Chiese affinché quel giorno tenessero aperte le loro porte dei luoghi di culto come segno. Non sarà facile, ma penso di riuscirci almeno coi Riformati» dice Elisabetta Tisi della Chiesa cattolica cristiana svizzera e membro del Consiglio ecumenico delle Chiese cristiane del Ticino. Di più, Elisabetta, che è stata ordinata prete lo scorso ottobre, ha anche pensato di organizzare «una veglia ecumenica di preghiera qualche giorno prima del Gay Pride. Una veglia per le persone vittime di omofobia». La prete aggiunge di aver notato rigidità in quanti non hanno approfondito il messaggio cristiano: «Sono atteggiamenti che non appartengono al Vangelo. Anche i cattolici romani possono pregare per chi è stato bullizzato e magari anche ucciso». E aggiunge: «Penso che il compito di ogni Chiesa sia di attualizzare il messaggio e non restare fermi alle interpretazioni passate. Dovremmo piuttosto chiedere scusa».
Di tutt’altro avviso Marco Giglio, presidente di Helvetia Christiana (associazione, dice, «con qualche migliaio di simpatizzanti») che così motiva il suo rosario pubblico, non - tiene a precisare - contro il Gay Pride, ma «per i valori cristiani». Eppure qualcosa da ridire ce l’ha: «Io critico la loro esagerazione, lo sfilare nudi o con vesti religiose per burlarsi della fede. Non credo sia l’esempio che vorrei dare a un figlio». Quanto ai valori, Giglio aggiunge: «Personalmente mi attengo alla dottrina della Chiesa cattolica. La nostra associazione difende la famiglia tradizionale». Di sicuro non celebra il ‘68: «Oggi vedo uomini e donne più esauriti rispetto alle generazioni passate. Sembriamo un popolo di depressi, c’è un problema sociale e mi chiedo da dove venga. Donne sacerdote? Non se ne discute nemmeno, è un dogma della dottrina della Chiesa. O lo accetti o c'è un problema. Perché la Chiesa non è una democrazia ed è un bene se guardiamo alla confusione che regna tra partiti». Partiti che, però, sarebbero pronti a dargli una mano. Almeno l'Udc con il consigliere nazionale Marco Chiesa e il consigliere comunale Alain Bühler che parla di «diritto ad esprimere il dissenso» e farà un'interpellanza. Giglio chiude attaccando: «Questa è cristianofobia! Pensavo che a Lugano, città episcopale, avremmo avuto gli stessi diritti di tutti».